Oneri di urbanizzazione fuori dalla cassa vincolata
di Gianni Trovati
Gli oneri di urbanizzazione non rientrano fra le entrate vincolate, nonostante i tentativi normativi di re-indirizzarne l’utilizzo verso la manutenzione delle strade e del patrimonio edilizio. L’indicazione arriva dalla commissione Arconet, che nell’ultima Faq sull’armonizzazione ha etichettano le indicazioni di legge come una «generica destinazione ad una categoria di spese», che di conseguenza non rappresentano «un vincolo di destinazione specifico».
Utilizzi possibili
In questo modo, la commissione ha sciolto i dubbi dell’ultima norma sul tema, scritta nella manovra per il 2017 (comma 460 della legge 232/2016) ma in vigore solo dal 1° gennaio scorso. Per chiudere la lunga epoca degli utilizzi “liberi” degli oneri di urbanizzazione, permessi dalle proroghe continue che li hanno trasformati in un entrata generica per far quadrare i conti locali, la regola ha chiesto di impiegare i proventi da titoli edilizi e le sanzioni per un elenco preciso di destinazioni: manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione, al risanamento di centri storici e periferie, lotta all’abusivismo, aree verdi pubbliche e interventi di riqualificazione contro il rischio sismico e idrogeologico. Un elenco ampio, in cui rientrano anche le «spese di progettazione per opere pubbliche», ma «esclusivo», come precisa la stessa norma.
Le istruzioni
Tanta precisione, interviene però ora Arconet, non basta a configurare «un vincolo di destinazione specifico», e di conseguenza non impone di adeguare la cassa vincolata per conteggiare anche il versamento degli oneri ante-2018. Un’indicazione di questo tipo era ipotizzabile in base alla configurazione della norma (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 2 febbraio), ma solo le istruzioni ufficiali di Arconet hanno potuto chiudere un’incognita che rischiava di complicare ulteriormente la gestione della tesoreria.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2018-02-20 08:03:592018-02-20 08:03:59Oneri di urbanizzazione fuori dalla cassa vincolata
Come nostra abitudine, proponiamo di seguito un foglio di calcolo utile per la costituzione del fondo dell’anno 2018, aggiornato sulla base del vigente art. 23 del d.lgs. 75/2017, e comprensivo delle modalità di controllo dei diversi limiti del trattamento accessorio imposti dal legislatore negli anni passati.
Punto di partenza, anche questa volta, è stato il noto file di Excel® predisposto dall’ ARAN già nel 2014, strumento utile soprattutto sia per il controllo delle operazioni di decurtazione effettuate ai fini del rispetto delle limitazioni imposte dal legislatore, alla luce delle diverse interpretazioni fornite dai magistrati contabili e dalla Ragioneria generale dello Stato, sia per quanto riguarda le voci incluse ed escluse dal tetto di riferimento. Quello che segue è pertanto un foglio di calcolo il più aggiornato possibile,che tiene conto degli orientamenti giurisprudenziali e/o istruzioni operative, ormai consolidati. Ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. 75/2017, anche nel 2018 il totale del trattamento accessorio non può essere superiore a quello dell’anno 2016, senza alcuna verifica da effettuare sulla riduzione del personale in servizio.
Pertanto, abbiamo focalizzato e posto in prima linea le colonne relative agli anni 2016 e 2018, ai fini del controllo dei disposti legislativi vigenti, omettendo la colonna relativa all’anno 2017 per evitare la tentazione di farvi riferimento: ripetiamo che l’anno da prendere a riferimento è infatti il 2016.
Anche alla luce delle interpretazioni contrastanti e dell’invio della questione alla Sezione Autonomie (avvenuta qualche giorno fa da parte della Sezione della Puglia con la deliberazione n. 9/2018), per il momento abbiamo lasciato gli incentivi per funzioni tecniche sia tra le voci incluse che tra quelle escluse ai fini del rispetto dei vincoli finanziari.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2018-02-19 08:41:592018-02-19 08:55:20Il file per il controllo sul Fondo 2018
LA SETTIMANA COMUNALE DI SAN BONIFACIO DAL 21 AL 26 MAGGIO
CICLI FORMATIVI PER DIPENDENTI ED OPERATORI DEGLI ENTI LOCALI
CONTABILITA’ TRIBUTI FUTURO DIGITALE
REDDITIVITA’ DEL PATRIMONIO INVENTARI PRIVACY
PROSSIMAMENTE I DETTAGLI DELLE SETTIMANE FORMATIVE
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2018-02-18 19:59:492018-02-19 11:23:34la FORMAZIONE dell'ASSOCIAZIONE: gli eventi di maggio
Il comune non deve svolgere attività di accertamento in caso di omesso pagamento della tassa rifiuti e non può applicare la sanzione del 30%. L’accertamento deve essere emanato solo in presenza di una dichiarazione omessa o infedele. Se l’amministrazione comunale ha richiesto la tassa determinandola sulla base di quanto ha dichiarato il contribuente, le somme non pagate vanno riscosse direttamente a mezzo ruolo o ingiunzione. L’importante principio è stato affermato dalla Cassazione, con l’ordinanza 3184 del 9 febbraio 2018.
Finalmente si è pronunciata la Cassazione sulla questione riguardante l’accertamento per omesso pagamento della tassa rifiuti. Forma da tempo oggetto di dibattito, infatti, l’applicabilità o meno della sanzione del 30% per omesso pagamento, irrogabile con l’emanazione dell’avviso di accertamento.
Per i giudici di piazza Cavour, l’articolo 72 del decreto legislativo 507/1993, richiamato per la violazione commessa dal contribuente in materia di Tia, «consente ai comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo, senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento». Solo però «nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base dei ruoli dell’anno precedente, cioè sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione». Va fatto ricorso all’attività di accertamento, invece, qualora la dichiarazione non sia stata presentata o contenga dei dati non corretti. Secondo la Cassazione, i dati relativi all’iscrizione a ruolo dell’anno precedente, utilizzati per la liquidazione, possono «considerarsi acquisiti, cioè definitivi, risultando o dalla stessa dichiarazione del contribuente o da un accertamento dell’Ufficio divenuto inoppugnabile». L’incertezza del dato utilizzato, a seguito della contestazione da parte dell’interessato, comporta la necessità dell’adozione dell’avviso di accertamento, in quanto l’amministrazione è tenuta a specificare «le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione».
La Cassazione, la cui tesi è pienamente condivisibile, esclude dunque l’attività di accertamento in presenza di un omesso pagamento della tassa e, per l’effetto, anche la contestazione della sanzione. Al mancato pagamento consegue la riscossione coattiva delle somme dovute, a mezzo ruolo o ingiunzione. Peraltro, l’irrogazione della sanzione del 30% si pone in palese contrasto con quanto espressamente disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo 471/1997, applicabile anche alle violazioni riguardanti i tributi locali. Proprio dal titolo dell’articolo 13, che fa riferimento «ai ritardati o omessi versamenti diretti», si rileva che la sanzione per omesso versamento non sia applicabile alla Tarsu. È noto che la riscossione spontanea o volontaria della Tarsu non veniva effettuata in seguito all’autoliquidazione da parte del contribuente alle scadenze fissate dalla legge, così come avviene, per esempio, per l’Ici e l’Imu o per la Tasi. Non essendo previsto il versamento in autoliquidazione non è contestabile la sanzione di omesso pagamento. Al mancato versamento della tassa consegue la riscossione coattiva per inadempimento del contribuente. La sanzione del 30%, invece, è applicabile alla Tares e alla Tari, considerato che le norme di legge che disciplinano questi due tributi prevedono espressamente, non a caso, la violazione di omesso o insufficiente versamento.
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Pubblico Impiego: quale percentuale sulle assunzioni per il 2019 e 2020?
Pubblicato da lentepubblica.it il 6 febbraio 2018
Qual è la percentuale della capacità assunzionale negli anni 2019 e 2020? La domanda è importante perché si inserisce nell’adozione dei piani triennali dei fabbisogni personale del triennio 2018/2020 e quindi, bisognerà pur sapere quanti dipendenti si possono assumere o almeno programmare.
Ovviamente non stiamo parlando della percentuale che sarà, cioè quella che potremmo ritrovarci dopo la manovra estiva del nuovo Governo. Il calcolo è basato sulla percentuale odierna, quella da considerare per i documenti di programmazione.
A normativa vigente, c’è una disposizione che aveva inserito la percentuale del turn-over a regime. Questa è rappresentata dall’art. 3 comma 5 del d.l. 90/2014. Questa legge afferma che : “La predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura dell’80 per cento negli anni 2016 e 2017 e del 100 per cento a decorrere dall’anno 2018”.
Nel frattempo però, come sappiamo, l’art. 1 comma 228 e seguenti della legge 208/2015 ha aperto una parentesi per il triennio 2016/2018 introducendo percentuali diverse e più ridotte. Al 31 dicembre di quest’anno, quindi, la parentesi si chiuderà e tornerà in vigore l’art. 3 del d.l. 90/2014.
A fine anno termineranno anche le norme speciali per le assunzioni nella polizia locale e per le assunzioni del piano straordinario per il personale educativo e scolastico. Quindi la conclusione è semplice: dal 2019 la percentuale della capacità assunzionale è fissata per tutti gli enti locali sopra i 1.000 abitanti e per tutte le tipologie di personale da assumere al 100% della spesa dei cessati nell’anno precedente.
Si ricorda che lo sblocco del turn-over viene esteso anche ai Comuni con popolazione tra i 1.000 e i 5 mila abitanti. Essi devono rilevare, nell’anno precedente, una spesa di personale inferiore al 24% della media delle entrate correnti registrate nei conti consuntivi dell’ultimo triennio.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2018-02-07 07:54:342018-02-07 07:54:34Pubblico Impiego: quale percentuale sulle assunzioni per il 2019 e 2020?
Gli incentivi per funzioni tecniche, dopo la modifica apportata dalla legge di bilancio, non rientrano nei limiti del salario accessorio fissati dall’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017. La prima interpretazione sull’inclusione o meno delle somme previste all’articolo 113, comma 2 del Dlgs 50/2016 nei tetti dei fondi arriva dalla Corte dei conti dell’Umbria con la deliberazione n. 14/2018.
Il problema La questione è nota. La revisione delle modalità di erogazione degli incentivi contenuta nel Codice degli appalti ha acceso fin da subito un forte dibattito sulla natura di questi emolumenti. Mentre i compensi del Dlgs 163/2006 erano stati solidamente esclusi da ogni limite al trattamento accessorio complessivo delle pubbliche amministrazioni, quelli di nuova concezione hanno avuto uno stop da parte della Sezione autonomie della Corte dei conti, che nelle delibere 7 e 24 dello scorso annone ha individuato una natura diversa, costringendo gli enti a monitorare attentamente tali somme nel rispetto dei vincoli.
La modifica normativa La legge 205/2017 ha però aggiunto il comma 5-bis all’articolo 113 del Dlgs 50/2016 prevedendo che gli incentivi «fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture». La non chiarissima formulazione ha lasciato qualche dubbio (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 15 gennaio) che al momento attuale è stato quantomeno respinto dalla Corte dei conti dell’Umbria.
Le indicazioni della Corte Secondo i magistrati contabili, vi sono tre motivi per poter ritenere esclusi questi incentivi dal limite indicato dall’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017, dove si prevede che il salario accessorio non superi il livello del 2016, e le argomentazioni si basano sul fatto che le norme vigenti fissano già dei vincoli precisi che “autolimitano” questa spesa: • il quadro economico determinato per il singolo lavoro (o fornitura/servizio) costituisce il primo e più importante limite alla spesa per gli incentivi tecnici, poiché il 2% richiamato dalla norma viene calcolato sulle somme predeterminate per il contratto da stipulare, non incidendo su ulteriori stanziamenti di bilancio; • gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente (anche da diverse amministrazioni) non possano superare l’importo del 50% del trattamento economico complessivo annuo lordo; • le modalità e criteri di ripartizione del fondo sono previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di un regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, ma in ogni caso sarà impossibile determinarne un’erogazione a pioggia. L’esclusione dal tetto del trattamento accessorio degli incentivi per funzioni tecniche consente peraltro di evitare effetti espansivi della spesa pubblica. E chissà se, a questo, punto, la questione tornerà per la parola «fine» alla sezione Autonomie della Corte dei conti.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2018-02-07 07:49:432018-02-07 07:49:43Dalla Corte dei conti prima esclusione degli incentivi tecnici dai tetti al salario accessorio
Il principio di rotazione non ha valenza precettiva assoluta in quanto è strumentale rispetto a quello della concorrenza e trova, quindi, applicazione nei limiti in cui non incida su quest’ultimo. È questa la massima giurisprudenziale che emerge dalla sentenza n. 1665/2017 del Tar Toscana.
La vicenda
Motivo del ricorso è la violazione dell’articolo 36 del Dlgs n. 50/2016 e delle linee guida Anac n. 4 in relazione all’ inosservanza del principio di rotazione e alla carenza di motivazione circa l’invito del gestore uscente. Nella specie, l’aggiudicazione definitiva era stata disposta a favore del precedente affidatario che, in quanto tale, non avrebbe potuto partecipare alla gara. Non condivisibili, per il giudice, le doglianze: la stazione appaltante ha correttamente operato tramite avviso esplorativo del mercato, al quale hanno manifestato interesse a concorrere solo quattro imprese, compreso il gestore uscente.
L’ente ha così interrogato e sollecitato il mercato e l’indagine ha prodotto un ristretto numero di operatori economici; in tal caso, una interpretazione rigida del principio di rotazione, con l’esclusione automatica del gestore uscente, non avrebbe aumentato ma diminuito la concorrenza.
La stazione appaltante ha legittimamente ritenuto di far prevalere l’esigenza del confronto concorrenziale rispetto al principio di rotazione, avendo, così, la possibilità di scegliere tra le migliori offerte conseguibili a seguito dell’esperimento di una procedura di gara rivolta a una adeguata platea di imprese. In sostanza, l’esclusione del vecchio gestore avrebbe limitato l’applicazione del principio comunitario della partecipazione e la «rendita di posizione” si presenta recessiva alla regola di apertura del mercato. A tutela della concorrenza emerge, pertanto, una chiave di lettura «più morbida» del principio di rotazione.
La regola della rotazione si configura come lo strumento idoneo a perseguire il principio di concorrenza con la distribuzione delle opportunità di aggiudicazione ma incontra un limite nella concorrenza stessa, intesa come apertura ad un grado di competizione effettiva.
La decisione
Di diverso avviso è il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5854/2017, per il quale non hanno rilievo le possibili conseguenze in danno della concorrenza stante l’obbligatorietà dell’applicazione del principio di rotazione. Così anche la prima sezione del Tar Toscana con la sentenza n. 17/2018: l’avviso esplorativo non è una procedura di gara concorsuale perché diretto solo a conoscere l’assetto e i potenziali concorrenti, e già nella fase dell’invito, per espressa statuizione dell’articolo 36 del codice, si innesta la regola dell’esclusione del gestore uscente. Tuttavia un’interpretazione «morbida» del principio di rotazione emerge anche da parte dell’Anac che, in fase di revisione delle linee guida n. 4, propone di attenuarne l’applicazione ipotizzando le seguenti soluzioni:
• suddividere l’elenco degli operatori economici per tipologia di affidamento e per fasce di importo, considerando ogni sezione come elenco distinto all’interno del quale applicare la rotazione;
• adottare la regola della rotazione secondo un principio di casualità.
D’altronde, a parere di chi scrive, un’applicazione tout court del principio di rotazione, dal quale far derivare una regola di non candidabilità per il gestore uscente, si presenta in contrasto con i principi del trattato, con effetti distorsivi sulle dinamiche competitive del mercato.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2018-02-01 09:22:542018-02-01 09:23:04Il principio di rotazione non esclude in automatico il gestore uscente
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Oneri di urbanizzazione fuori dalla cassa vincolata
/in Ultime News /da ENZOOneri di urbanizzazione fuori dalla cassa vincolata
di Gianni Trovati
Gli oneri di urbanizzazione non rientrano fra le entrate vincolate, nonostante i tentativi normativi di re-indirizzarne l’utilizzo verso la manutenzione delle strade e del patrimonio edilizio. L’indicazione arriva dalla commissione Arconet, che nell’ultima Faq sull’armonizzazione ha etichettano le indicazioni di legge come una «generica destinazione ad una categoria di spese», che di conseguenza non rappresentano «un vincolo di destinazione specifico».
Utilizzi possibili
In questo modo, la commissione ha sciolto i dubbi dell’ultima norma sul tema, scritta nella manovra per il 2017 (comma 460 della legge 232/2016) ma in vigore solo dal 1° gennaio scorso. Per chiudere la lunga epoca degli utilizzi “liberi” degli oneri di urbanizzazione, permessi dalle proroghe continue che li hanno trasformati in un entrata generica per far quadrare i conti locali, la regola ha chiesto di impiegare i proventi da titoli edilizi e le sanzioni per un elenco preciso di destinazioni: manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione, al risanamento di centri storici e periferie, lotta all’abusivismo, aree verdi pubbliche e interventi di riqualificazione contro il rischio sismico e idrogeologico. Un elenco ampio, in cui rientrano anche le «spese di progettazione per opere pubbliche», ma «esclusivo», come precisa la stessa norma.
Le istruzioni
Tanta precisione, interviene però ora Arconet, non basta a configurare «un vincolo di destinazione specifico», e di conseguenza non impone di adeguare la cassa vincolata per conteggiare anche il versamento degli oneri ante-2018. Un’indicazione di questo tipo era ipotizzabile in base alla configurazione della norma (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 2 febbraio), ma solo le istruzioni ufficiali di Arconet hanno potuto chiudere un’incognita che rischiava di complicare ulteriormente la gestione della tesoreria.
Il file per il controllo sul Fondo 2018
/in Ultime News /da ENZOIl file per il controllo sul Fondo 2018
http://www.gianlucabertagna.it
18-02-2018
Come nostra abitudine, proponiamo di seguito un foglio di calcolo utile per la costituzione del fondo dell’anno 2018, aggiornato sulla base del vigente art. 23 del d.lgs. 75/2017, e comprensivo delle modalità di controllo dei diversi limiti del trattamento accessorio imposti dal legislatore negli anni passati.
Punto di partenza, anche questa volta, è stato il noto file di Excel® predisposto dall’ ARAN già nel 2014, strumento utile soprattutto sia per il controllo delle operazioni di decurtazione effettuate ai fini del rispetto delle limitazioni imposte dal legislatore, alla luce delle diverse interpretazioni fornite dai magistrati contabili e dalla Ragioneria generale dello Stato, sia per quanto riguarda le voci incluse ed escluse dal tetto di riferimento. Quello che segue è pertanto un foglio di calcolo il più aggiornato possibile,che tiene conto degli orientamenti giurisprudenziali e/o istruzioni operative, ormai consolidati. Ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. 75/2017, anche nel 2018 il totale del trattamento accessorio non può essere superiore a quello dell’anno 2016, senza alcuna verifica da effettuare sulla riduzione del personale in servizio.
Pertanto, abbiamo focalizzato e posto in prima linea le colonne relative agli anni 2016 e 2018, ai fini del controllo dei disposti legislativi vigenti, omettendo la colonna relativa all’anno 2017 per evitare la tentazione di farvi riferimento: ripetiamo che l’anno da prendere a riferimento è infatti il 2016.
Anche alla luce delle interpretazioni contrastanti e dell’invio della questione alla Sezione Autonomie (avvenuta qualche giorno fa da parte della Sezione della Puglia con la deliberazione n. 9/2018), per il momento abbiamo lasciato gli incentivi per funzioni tecniche sia tra le voci incluse che tra quelle escluse ai fini del rispetto dei vincoli finanziari.
ALLEGATO: FILE DI EXCEL PER VERIFICA DEI LIMITI AL FONDO 2018
la FORMAZIONE dell’ASSOCIAZIONE: gli eventi di maggio
/in Ultime News /da ENZOComune di Bergamo Comune di San Bonifacio
E TANTE COLLABORAZIONI
BERGAMO COMUNALE DAL 3 AL 10 MAGGIO
LA SETTIMANA COMUNALE DI SAN BONIFACIO DAL 21 AL 26 MAGGIO
CICLI FORMATIVI PER DIPENDENTI ED OPERATORI DEGLI ENTI LOCALI
CONTABILITA’ TRIBUTI FUTURO DIGITALE
REDDITIVITA’ DEL PATRIMONIO INVENTARI PRIVACY
PROSSIMAMENTE I DETTAGLI DELLE SETTIMANE FORMATIVE
Omesso pagamento Tari senza accertamento
/in Ultime News, Uncategorized /da ENZOOmesso pagamento Tari senza accertamento
di Sergio Trovato
http://www.italiaoggi.it
Il comune non deve svolgere attività di accertamento in caso di omesso pagamento della tassa rifiuti e non può applicare la sanzione del 30%. L’accertamento deve essere emanato solo in presenza di una dichiarazione omessa o infedele. Se l’amministrazione comunale ha richiesto la tassa determinandola sulla base di quanto ha dichiarato il contribuente, le somme non pagate vanno riscosse direttamente a mezzo ruolo o ingiunzione. L’importante principio è stato affermato dalla Cassazione, con l’ordinanza 3184 del 9 febbraio 2018.
Finalmente si è pronunciata la Cassazione sulla questione riguardante l’accertamento per omesso pagamento della tassa rifiuti. Forma da tempo oggetto di dibattito, infatti, l’applicabilità o meno della sanzione del 30% per omesso pagamento, irrogabile con l’emanazione dell’avviso di accertamento.
Per i giudici di piazza Cavour, l’articolo 72 del decreto legislativo 507/1993, richiamato per la violazione commessa dal contribuente in materia di Tia, «consente ai comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo, senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento». Solo però «nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base dei ruoli dell’anno precedente, cioè sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione». Va fatto ricorso all’attività di accertamento, invece, qualora la dichiarazione non sia stata presentata o contenga dei dati non corretti. Secondo la Cassazione, i dati relativi all’iscrizione a ruolo dell’anno precedente, utilizzati per la liquidazione, possono «considerarsi acquisiti, cioè definitivi, risultando o dalla stessa dichiarazione del contribuente o da un accertamento dell’Ufficio divenuto inoppugnabile». L’incertezza del dato utilizzato, a seguito della contestazione da parte dell’interessato, comporta la necessità dell’adozione dell’avviso di accertamento, in quanto l’amministrazione è tenuta a specificare «le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione».
La Cassazione, la cui tesi è pienamente condivisibile, esclude dunque l’attività di accertamento in presenza di un omesso pagamento della tassa e, per l’effetto, anche la contestazione della sanzione. Al mancato pagamento consegue la riscossione coattiva delle somme dovute, a mezzo ruolo o ingiunzione. Peraltro, l’irrogazione della sanzione del 30% si pone in palese contrasto con quanto espressamente disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo 471/1997, applicabile anche alle violazioni riguardanti i tributi locali. Proprio dal titolo dell’articolo 13, che fa riferimento «ai ritardati o omessi versamenti diretti», si rileva che la sanzione per omesso versamento non sia applicabile alla Tarsu. È noto che la riscossione spontanea o volontaria della Tarsu non veniva effettuata in seguito all’autoliquidazione da parte del contribuente alle scadenze fissate dalla legge, così come avviene, per esempio, per l’Ici e l’Imu o per la Tasi. Non essendo previsto il versamento in autoliquidazione non è contestabile la sanzione di omesso pagamento. Al mancato versamento della tassa consegue la riscossione coattiva per inadempimento del contribuente. La sanzione del 30%, invece, è applicabile alla Tares e alla Tari, considerato che le norme di legge che disciplinano questi due tributi prevedono espressamente, non a caso, la violazione di omesso o insufficiente versamento.
Pubblico Impiego: quale percentuale sulle assunzioni per il 2019 e 2020?
/in Ultime News /da ENZOPubblico Impiego: quale percentuale sulle assunzioni per il 2019 e 2020?
Pubblicato da lentepubblica.it il 6 febbraio 2018
Qual è la percentuale della capacità assunzionale negli anni 2019 e 2020? La domanda è importante perché si inserisce nell’adozione dei piani triennali dei fabbisogni personale del triennio 2018/2020 e quindi, bisognerà pur sapere quanti dipendenti si possono assumere o almeno programmare.
Ovviamente non stiamo parlando della percentuale che sarà, cioè quella che potremmo ritrovarci dopo la manovra estiva del nuovo Governo. Il calcolo è basato sulla percentuale odierna, quella da considerare per i documenti di programmazione.
A normativa vigente, c’è una disposizione che aveva inserito la percentuale del turn-over a regime. Questa è rappresentata dall’art. 3 comma 5 del d.l. 90/2014. Questa legge afferma che : “La predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura dell’80 per cento negli anni 2016 e 2017 e del 100 per cento a decorrere dall’anno 2018”.
Nel frattempo però, come sappiamo, l’art. 1 comma 228 e seguenti della legge 208/2015 ha aperto una parentesi per il triennio 2016/2018 introducendo percentuali diverse e più ridotte. Al 31 dicembre di quest’anno, quindi, la parentesi si chiuderà e tornerà in vigore l’art. 3 del d.l. 90/2014.
A fine anno termineranno anche le norme speciali per le assunzioni nella polizia locale e per le assunzioni del piano straordinario per il personale educativo e scolastico. Quindi la conclusione è semplice: dal 2019 la percentuale della capacità assunzionale è fissata per tutti gli enti locali sopra i 1.000 abitanti e per tutte le tipologie di personale da assumere al 100% della spesa dei cessati nell’anno precedente.
Si ricorda che lo sblocco del turn-over viene esteso anche ai Comuni con popolazione tra i 1.000 e i 5 mila abitanti. Essi devono rilevare, nell’anno precedente, una spesa di personale inferiore al 24% della media delle entrate correnti registrate nei conti consuntivi dell’ultimo triennio.
Fonte: ASFEL – Associazione Servizi Finanziari degli Enti Locali
Dalla Corte dei conti prima esclusione degli incentivi tecnici dai tetti al salario accessorio
/in Ultime News /da ENZODalla Corte dei conti prima esclusione degli incentivi tecnici dai tetti al salario accessorio
(www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com)
di Gianluca Bertagna
Gli incentivi per funzioni tecniche, dopo la modifica apportata dalla legge di bilancio, non rientrano nei limiti del salario accessorio fissati dall’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017. La prima interpretazione sull’inclusione o meno delle somme previste all’articolo 113, comma 2 del Dlgs 50/2016 nei tetti dei fondi arriva dalla Corte dei conti dell’Umbria con la deliberazione n. 14/2018.
Il problema La questione è nota. La revisione delle modalità di erogazione degli incentivi contenuta nel Codice degli appalti ha acceso fin da subito un forte dibattito sulla natura di questi emolumenti. Mentre i compensi del Dlgs 163/2006 erano stati solidamente esclusi da ogni limite al trattamento accessorio complessivo delle pubbliche amministrazioni, quelli di nuova concezione hanno avuto uno stop da parte della Sezione autonomie della Corte dei conti, che nelle delibere 7 e 24 dello scorso annone ha individuato una natura diversa, costringendo gli enti a monitorare attentamente tali somme nel rispetto dei vincoli.
La modifica normativa La legge 205/2017 ha però aggiunto il comma 5-bis all’articolo 113 del Dlgs 50/2016 prevedendo che gli incentivi «fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture». La non chiarissima formulazione ha lasciato qualche dubbio (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 15 gennaio) che al momento attuale è stato quantomeno respinto dalla Corte dei conti dell’Umbria.
Le indicazioni della Corte Secondo i magistrati contabili, vi sono tre motivi per poter ritenere esclusi questi incentivi dal limite indicato dall’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017, dove si prevede che il salario accessorio non superi il livello del 2016, e le argomentazioni si basano sul fatto che le norme vigenti fissano già dei vincoli precisi che “autolimitano” questa spesa: • il quadro economico determinato per il singolo lavoro (o fornitura/servizio) costituisce il primo e più importante limite alla spesa per gli incentivi tecnici, poiché il 2% richiamato dalla norma viene calcolato sulle somme predeterminate per il contratto da stipulare, non incidendo su ulteriori stanziamenti di bilancio; • gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente (anche da diverse amministrazioni) non possano superare l’importo del 50% del trattamento economico complessivo annuo lordo; • le modalità e criteri di ripartizione del fondo sono previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di un regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, ma in ogni caso sarà impossibile determinarne un’erogazione a pioggia. L’esclusione dal tetto del trattamento accessorio degli incentivi per funzioni tecniche consente peraltro di evitare effetti espansivi della spesa pubblica. E chissà se, a questo, punto, la questione tornerà per la parola «fine» alla sezione Autonomie della Corte dei conti.
Il principio di rotazione non esclude in automatico il gestore uscente
/in Ultime News, Uncategorized /da ENZOIl principio di rotazione non esclude in automatico il gestore uscente
di Susy Simonetti
(www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/)
Il principio di rotazione non ha valenza precettiva assoluta in quanto è strumentale rispetto a quello della concorrenza e trova, quindi, applicazione nei limiti in cui non incida su quest’ultimo. È questa la massima giurisprudenziale che emerge dalla sentenza n. 1665/2017 del Tar Toscana.
La vicenda
Motivo del ricorso è la violazione dell’articolo 36 del Dlgs n. 50/2016 e delle linee guida Anac n. 4 in relazione all’ inosservanza del principio di rotazione e alla carenza di motivazione circa l’invito del gestore uscente. Nella specie, l’aggiudicazione definitiva era stata disposta a favore del precedente affidatario che, in quanto tale, non avrebbe potuto partecipare alla gara. Non condivisibili, per il giudice, le doglianze: la stazione appaltante ha correttamente operato tramite avviso esplorativo del mercato, al quale hanno manifestato interesse a concorrere solo quattro imprese, compreso il gestore uscente.
L’ente ha così interrogato e sollecitato il mercato e l’indagine ha prodotto un ristretto numero di operatori economici; in tal caso, una interpretazione rigida del principio di rotazione, con l’esclusione automatica del gestore uscente, non avrebbe aumentato ma diminuito la concorrenza.
La stazione appaltante ha legittimamente ritenuto di far prevalere l’esigenza del confronto concorrenziale rispetto al principio di rotazione, avendo, così, la possibilità di scegliere tra le migliori offerte conseguibili a seguito dell’esperimento di una procedura di gara rivolta a una adeguata platea di imprese. In sostanza, l’esclusione del vecchio gestore avrebbe limitato l’applicazione del principio comunitario della partecipazione e la «rendita di posizione” si presenta recessiva alla regola di apertura del mercato. A tutela della concorrenza emerge, pertanto, una chiave di lettura «più morbida» del principio di rotazione.
La regola della rotazione si configura come lo strumento idoneo a perseguire il principio di concorrenza con la distribuzione delle opportunità di aggiudicazione ma incontra un limite nella concorrenza stessa, intesa come apertura ad un grado di competizione effettiva.
La decisione
Di diverso avviso è il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5854/2017, per il quale non hanno rilievo le possibili conseguenze in danno della concorrenza stante l’obbligatorietà dell’applicazione del principio di rotazione. Così anche la prima sezione del Tar Toscana con la sentenza n. 17/2018: l’avviso esplorativo non è una procedura di gara concorsuale perché diretto solo a conoscere l’assetto e i potenziali concorrenti, e già nella fase dell’invito, per espressa statuizione dell’articolo 36 del codice, si innesta la regola dell’esclusione del gestore uscente. Tuttavia un’interpretazione «morbida» del principio di rotazione emerge anche da parte dell’Anac che, in fase di revisione delle linee guida n. 4, propone di attenuarne l’applicazione ipotizzando le seguenti soluzioni:
• suddividere l’elenco degli operatori economici per tipologia di affidamento e per fasce di importo, considerando ogni sezione come elenco distinto all’interno del quale applicare la rotazione;
• adottare la regola della rotazione secondo un principio di casualità.
D’altronde, a parere di chi scrive, un’applicazione tout court del principio di rotazione, dal quale far derivare una regola di non candidabilità per il gestore uscente, si presenta in contrasto con i principi del trattato, con effetti distorsivi sulle dinamiche competitive del mercato.