Un lato oscuro del codice: la questione dell’impegno di spesa

 

Un lato oscuro del codice: la questione dell’impegno di spesa

  1. Usai (La Gazzetta degli Enti Locali 16/2/2018)

Risulta interessante, a sommesso avviso anche e soprattutto da un punto di vista pratico, la questione relativa alla prenotazione ed all’impegno di spesa – alla luce della contabilità armonizzata – nelle procedure d’appalto. Compresi gli affidamenti diretti. Annotando le puntuali considerazioni espresse in uno degli ultimi contributi pubblicati dal quotidiano (1).

La prenotazione

La prenotazione dell’impegno risulta necessariamente – in ogni procedimento che comporta una spesa – una fase non superabile se non, adeguandosi a quanto ora previsto nel codice nell’articolo 32, comma 1, ultimo periodo, in casi di procedure che potrebbero essere concluse con un unico provvedimento.

Ciò può, potrebbe, accadere nel caso dell’affidamento diretto (almeno secondo il legislatore del codice). In una situazione pertanto, pur in non perfetta adesione con le regole contabili, presidiata in modo sicuro dal RUP e dal dirigente/responsabile del servizio (a cui è rimessa la firma sulla determinazione).

La semplificazione richiesta e pensata dal legislatore non può che consistere nell’accorpamento degli atti dove il procedimento di escussione del mercato o più banalmente la fase di scelta dell’affidatario – nell’ambito dei 40 mila euro e con affidamento diretto – non viene preceduto da un atto amministrativo con una qualche rilevanza contabile.

La determina a contrattare viene in sostanza superata dall’atto che suggella l’affidamento e che implica l’assunzione dell’impegno di spesa.

L’importanza della prenotazione, del resto, viene anche sottolineata dal principio contabile 4/2 (concernente la contabilità finanziaria) in cui si legge della “rilevanza della “prenotazione della spesa” riguardante le spese delle gare formalmente indette e del quadro economico dell’opera, uniche fattispecie di costituzione del fondo pluriennale vincolato in assenza di impegni imputatinelle scritture contabili degli esercizi successivi”. È anche dal principio contabile – oltre che dalle norme – che è possibile far emergere una indicazione anche in tema di impegni di spesa.

L’impegno di spesa

I rapporti tra appalto e impegno di spesa risultano maggiormente articolati soprattutto con la nuova impostazione introdotta con la contabilità armonizzata in cui – a differenza della contabilità finanziaria – l’impegno viene registrato nel momento del perfezionamento dell’obbligazione giuridica e l’imputazione avviene nell’esercizio finanziario di esigibilità del “credito”.

Riguardo all’appalto, si rilevava, la situazione risulta articolata poichè si tratta di evidenziare in quale momento debba essere assunto l’impegno.

Nel ragionamento del legislatore della contabilità armonizzata, se questo coincide con il sorgere dell’obbligazione giuridica, nell’appalto evidentemente coinciderà con il momento della stipula del contratto.

Circostanza, però, che “differisce” nel tempo i termini dell’impegno in modo tale da renderli inaccettabili o comunque in grado di determinare danno alla stessa azione amministrativa (vale, come si vedrà, proprio il ragionamento dei lavori pubblici e del collegamento con il fondo pluriennale vincolato).

 L’accettazione dell’offerta

Fatta questa premessa è importante annotare il rapporto tra codice e contabilità. Il nuovo codice, al netto della c.d. aggiudicazione provvisoria ora superata dalla proposta di aggiudicazione – eredita sostanzialmente il pregresso articolato meccanismo di controllo sugli atti che porta all’assegnazione dell’appalto, dapprima non efficace, poi aggiudicazione efficace (vera e propria) solo previa verifica dei requisiti. Il nuovo codice, addirittura, eredita il meccanismo ad intarsio che nel pregresso codice riguardava gli articoli 11 e 12 ora invece gli artt. 32 e 33.

Il nuovo codice, comma 6 dell’articolo 32, si “ostina” a ripetere che “l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta”.

Da notare – a parere di chi scrive, non elemento irrilevante – che la ripetizione dell’affermazione rimane collocata (ora) tra la proposta di aggiudicazione (comma 5 dell’articolo 32) che deve essere verificata dal RUP e il successivo comma 7 che ribadisce l’esistenza della fattispecie dell’aggiudicazione efficace (dopo la verifica positiva sui requisiti).

In sostanza, il riferimento all’accettazione – per avere una effettiva rilevanza anche da un punto di vista contabile – avrebbe dovuto essere innestata dopo il comma 7 e non a livello si potrebbe dire di proposta di aggiudicazione.  Sembra quindi, che la valenza/l’intensità della precisazione (secondo cui l’aggiudicazione non vale come accettazione) sia di tipo “procedurale” per ricordare all’appaltatore sia che la proposta di aggiudicazione non ha alcun effetto, sia per sottolineare che neanche l’aggiudicazione “definitiva” vincola la stazione appaltante che può “liberarsene”.

In questo senso, il primo periodo del comma 8 prevede che “divenuta efficace l’aggiudicazione, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario”.

I vincoli dell’aggiudicazione (definitiva)

A sommesso parere vi è un margine per affermare che, pur vera, l’affermazione del legislatore per cui l’aggiudicazione non equivale ad accettazione non rende però dell’intensità di una aspettativa che nell’appaltatore viene alimentata già dall’aggiudicazione non efficace.

Lo dimostra anche la recente giurisprudenza – in un orientamento consolidato – che statuisce la responsabilità (e risarcimento del “solo” danno emergente) della pubblica amministrazione anche se il ritiro in autotutela dell’aggiudicazione sia intervenuto per motivi oggettivi come la carenza di copertura finanziaria (Tar Campania, Napoli, sez. I, con la recente sentenza n. 139/2018).

Si è in presenza pertanto non di un vincolo giuridico – nel senso di obbligazione giuridica – ma di una situazione che legittima l’affidabilità sulla possibile stipula del contratto. E solo circostanze patologiche (la carenza di risorse o sopravvenuta valutazione sulla inadeguatezza dell’oggetto, peraltro con una motivazione rigorosissima) possono impedire la stipula.

La fase “anticipata” dell’impegno nell’appalto

Sembra a chi scrive che nell’appalto l’impegno di spesa non può attendere la stipula del contratto – che deve rispettare la tempistica del codice, si pensi allo stand still – a pena di decadenza (della prenotazione di impegno).

In questo senso, piuttosto esaustivo è il comma 3 dell’articolo 183 del decreto legislativo 267/2000 in cui chiarito che “durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento” prosegue con due annotazioni fondamentali ovvero che “i provvedimenti relativi per i quali entro il termine dell’esercizio non è stata assunta dall’ente l’obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione (…)” .

Mentre, una eccezione non di poco conto, “le spese di investimento per lavori pubblici prenotate negli esercizi successivi, la cui gara è stata formalmente indetta, concorrono alla determinazione del fondo pluriennale vincolato e non del risultato di amministrazione” ma “in assenza di aggiudicazione definitiva della gara entro l’anno successivo le economie di bilancio confluiscono nell’avanzo di amministrazione vincolato per la riprogrammazione dell’intervento in c/capitale (…)”.

Per tacer d’altro – lo stesso principio contabile già citato ammette l’eccezione ed il giro a fondo pluriennale vincolato del quadro economico dell’investimento sulla base dell’indizione o dell’impegno di spesa di voci del quadro (che non siano le sole spese di progettazione) a pena di decadenza se non interviene l’aggiudicazione definitiva entro l’esercizio finanziario successivo – dalla norma appena riportata emerge che necessariamente l’impegno deve coincidere con l’aggiudicazione.

Il problema, caso mai, è quello di chiarire se l’impegno possa essere assunto già con l’approvazione della proposta di aggiudicazione o con l’aggiudicazione “definitiva” efficace una volta verificato positivamente il possesso dei requisiti.

In molte stazioni appaltanti la prima fase – l’approvazione della “sola” proposta di aggiudicazione – non viene effettuata con accorpamento e unificazione con una sorta di “presa d’atto” direttamente sull’aggiudicazione efficace. Che appare, oggettivamente, la soluzione tecnica migliore.

Pertanto, pur non in perfetta coincidenza con il ragionamento dell’obbligazione giuridica (che si genera sicuramente per effetto del contratto) nel caso degli appalti l’impegno deve essere “anticipato” al momento dell’aggiudicazione.

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NOTA di LUIGI OLIVERI

La conciliazione tra le disposizioni, chiarissime, del codice dei contratti e, soprattutto, del codice civile non può passare per interpretazioni “evolutive” di modifica dei significati delle norme.

Sebbene risulti evidente che l’amministrazione possa agire in autotutela solo se vi sono motivi legittimi tali da comprimere l’aspettativa legittima dell’aggiudicatario (si tratta di previsioni che provengono dalla legge 241/1990, prima ancora che dal codice dei contratti), ciò non significa che in ogni caso l’aggiudicazione non implichi e non possa implicare accettazione della proposta.

Questa non può che derivare dalla stipulazione del contratto. L’aggiudicazione è soltanto e solo la conclusione della procedura, di natura ancora amministrativa, finalizzata a stabilire chi possa essere il soggetto con cui, dopo e solo dopo, stipulare il contratto.

E solo dalla stipulazione del contratto si verifica il perfezionamento dell’obbligazione giuridica.

L’alternativa è parlare di perfezionamento dell’obbligazione contabile, concetto che si può considerare utile a comprendere cosa intenda il legislatore (estremamente malaccorto, generico, superficiale, nel dettare regole contabili tanto complesse quanto inefficaci) quando parla di “obbligazione di spesa” e non di obbligazione giuridica nell’articolo 183, comma 3, del d.lgs 267/2000.

Allora, il modo per conciliare le incoerenti previsioni di un legislatore che ha reso ridondante ed incontrollato in primis a se stesso l’ordinamento contabile è concludere:

  1. ai fini delle disposizioni dell’articolo 183, comma 3, occorre tenere conto del perfezionamento della fase amministrativa di individuazione del contraente;
  2. ma in ogni caso, la registrazione definitiva dell’impegno deriva dalla stipulazione del contratto;
  3. oppure, alternativa più corretta sul piano strettamente letterale delle norme, prendere atto che se non si perfeziona l’obbligazione giuridica, non si perfeziona nemmeno quella contabile e, dunque, sì, si determina economia di spesa e confluenza nel risultato di amministrazione.

L’ultimo è un effetto voluto da un legislatore, si ribadisce, piuttosto malaccorto. Che, nel malriuscito tentativo di scimmiottare una contabilità di cassa mediante la cosiddetta “competenza potenziata” ha creato problemi operativi enormi, che non possono essere risolti “sorvolando” sulle regole contrattuali pubblicistiche e privatistiche.

D’altra parte, se l’aggiudicazione coincidesse con l’accettazione dell’offerta, essa sarebbe stipulazione del contratto e, quindi, ogni altra indicazione sulla stipulazione, dalle modalità alle regole stand still risulterebbe superflua.

 

 

(1) Si allude in particolare all’autorevole annotazione di L. Oliveri.

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