L’associazione cerca colleghi che vogliono dare valore alla loro preparazione
Come?
Disponibilità a consulenze, collaborazioni e prestazioni formative attraverso collaborazioni occasionali ex art 2222 c. c.;
Cosa farà l’associazione?
Utilizzerà i suoi canali – sito, newsletter, social – per informare i comuni che vogliono avvalersene
Cosa dovranno fare i colleghi per l’associazione?
L’associazione entra nel Terzo settore (iscrizione al Runts). I colleghi dovranno collaborare a questo passaggio rendendosi disponibili a sottoscrivere l’atto costitutivo del nuovo soggetto associativo.
Chiunque può proporsi?
Cerchiamo sette colleghi esperti:
Tre in tema di contabilità e bilancio
Due in tema di tributi
Due in tema di Servizi alla Persona con particolare riferimento ai servizi sociali
Almeno uno dei quali esperto informatico in gestione di siti, social, utilizzo strumenti per creazione montaggio video.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2024-04-13 17:59:272024-04-14 08:03:04MANDA IL TUO CORRICULUM ALL'ASSOCIAZIONE
Consentenza n. 2833 del 30 gennaio 2024, la Sezione Lavoro della Cassazione ha ribadito che (Cass., n. 31091 del 2018), nell’ambito del lavoro pubblico contrattualizzato, l’obbligo datoriale dell’amministrazione di motivare il recesso, non esclude né attenua la discrezionalità dell’ente nella valutazione dell’esperimento, ed è finalizzato alla «verificabilità giudiziale della coerenza delle ragioni del recesso rispetto, da un lato, alla finalità della prova e, dall’altro, all’effettivo andamento della prova stessa», fermo restando che grava sul lavoratore l’onere di dimostrare il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite o la contraddizione tra recesso e funzione dell’esperimento medesimo (sono richiamate nella sentenza citata: Cass. n. 26679 del 2018, n. 23061 del 2017, n. 21586 del 2008, n. 19558 del 2006).
Deve perciò ritenersi illegittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro pubblico nel caso in cui al lavoratore vengano assegnate mansioni diverse, siano esse inferiori o superiori, da quelle contrattualmente previste.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2024-04-10 23:42:182024-04-11 00:03:36LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE NEL PERIODO DI PROVA
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2024-04-09 08:53:432024-04-09 09:20:07ENTRA NEL GRUPPO WHATTSAPP DELL'ASSOCIAZIONE RESPONSABILI FINANZIARI COMUNALI
Personale e problemi dei Comuni nell’attuazione del Pnrr
25/03/2024 – ItaliaOggi
A mettere nero su bianco l’attuale scenario che caratterizza il funzionamento degli enti locali è l’Istat nel focus dedicato ai vincoli strutturali dei comuni chiamati, soprattutto negli anni successivi alla crisi pandemica da Covid-19, ad assumere sia la titolarità di specifiche progettualità per l’implementazione del Pnrr sia a partecipare a iniziative finanziate dall’amministrazione centrale attraverso interventi gestiti da altri livelli istituzionali, ma localizzati sul territorio.
Dal focus emerge la tendenza alla riduzione del numero di comuni, determinata soprattutto dalla fusione di realtà di piccole dimensioni, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica. Tale riduzione si manifesta in prevalenza nel Nord Italia, con i segni meno più marcati che si collocano in Trentino-Alto Adige (-3,8%), Veneto (-1,9%) e Piemonte (1,7%).
Sul piano dimensionale, i comuni hanno una struttura fortemente polverizzata. Prevalgono, infatti, realtà demograficamente molto ridotte, nel 70% piccole e piccolissime, con meno di 5 mila abitanti, di cui circa un caso su quattro (25,4%) ha meno di mille residenti. Mentre circa il 24% rientra nella fascia intermedia (5 mila-20 mila abitanti) e soltanto il 6% circa supera tale soglia.
Le amministrazioni comunali presentano forti vincoli di risorse a causa delle politiche di contenimento della spesa degli ultimi anni. Pur rappresentando la frazione più consistente del settore pubblico, i comuni occupano una quota largamente minoritaria di addetti. Si tratta, quindi, di organizzazioni, di norma, relativamente poco consistenti e molto differenziate. In tal senso, il 24,6% ha al massimo cinque addetti e circa due terzi meno di 20, oltre l’85% si colloca entro i 50 addetti e quasi il 95% entro i 100. I casi con oltre 500 addetti sono meno dell’1% e fra questi una quota residuale (15 comuni, pari allo 0,2%) supera i 1.500 dipendenti. Sul piano territoriale emerge una dotazione superiore nel Mezzogiorno con 73,2 addetti ogni 10 mila abitanti, contro i 63,5 nel Centro e 54,8 nel Nord Italia.
In base ai dati diffusi da Istat, dal 2011 al 2021 si stima una perdita di circa 80 mila unità di personale (-20%), più accentuata nel Mezzogiorno (24,3%) rispetto al Centro-Nord (17,8%). Infatti, si è passati da una media nazionale di 50 addetti a 42, da 69 addetti ogni 10 mila abitanti a 62, dall’89,2% del full-time a poco più dell’83%. La flessione è più lieve fra i dipendenti stabili (-6,1%) rispetto alla componente atipica, sia dei dipendenti a tempo determinato (-20,5%) sia dei non dipendenti (-15,4%).
Peraltro, le restrizioni sul turn-over e sull’accesso alla pensione hanno provocato un invecchiamento accentuato del personale dipendente. Nel 2021, infatti, solo l’1,9% ha meno di 30 anni (5,1% nelle altre istituzioni pubbliche) e più di un quinto (21,4%; era il 7,3% nel 2011) oltre 60 (15,8% nelle altre istituzioni).
Peraltro, i bilanci comunali consentono margini di manovra esigui per programmare nuove assunzioni. Il personale incide molto sulle spese correnti (22,7%) e rende rigida la spesa (22,8% del totale). Le criticità si accentuano a livello territoriale, aumentano infatti nei piccoli comuni rurali e soprattutto nel Mezzogiorno in cui, nel 2021, solo il 73% degli addetti è a tempo pieno (86,5% nel Nord; 91,2% nel Centro), si rileva un alto tasso di invecchiamento (31,1% ultrasessantenni) e bassi livelli di istruzione (il 24% ha titoli inferiori al diploma, contro il 17% in Italia).
La formazione risulta debole nelle piccole realtà meno urbanizzate e nel Mezzogiorno, area in cui soltanto il 50% dei comuni offre ridotte opportunità formative (nel 2021, 0,5 giornate per addetto). Invece, nel Nord Italia, nel 2021, otto Comuni su 10 hanno erogato 1,4 giornate formative per addetto.
Gli analisti evidenziano, peraltro, una bassa propensione all’innovazione organizzativa nei comuni italiani, in particolare riguardo alla digitalizzazione e alla limitata diffusione del bilancio sociale-ambientale. Proprio il tema della digitalizzazione della pubblica amministrazione è uno di quelli più attuali in termini di politiche di innovazione, ampiamente ripreso dal Pnrr con la Missione 1. In relazione alla fase pandemica, però, fra i Comuni si riscontrano particolari difficoltà nel processo di digitalizzazione rispetto al resto del settore pubblico. Ciò, soprattutto, a causa della carenza di risorse umane con competenze adeguate, dei costi elevati nel campo dell’information and communication technologies e della carenza di risorse finanziarie. In tale ambito, i comuni del Nord-est mostrano una maggiore apertura al digitale, mentre nel Mezzogiorno tendono a farsi più frequenti i vincoli nei confronti di tali innovazioni.
Malgrado le limitazioni relative al ricambio generazionale, gli esperti di Istat rilevano progressi nel livello d’istruzione grazie all’effetto combinato dell’innalzamento della quota di addetti con titoli di studio universitario e del calo della bassa istruzione. Tuttavia, l’istruzione terziaria, compresi i titoli post-laurea, resta più bassa nei comuni in cui, in particolare, aumentano molto le lauree brevi, seguite dalle magistrali e dai titoli postlaurea. L’avanzamento dei livelli di istruzione è più accentuato nella componente femminile, più consistente fra le nuove leve. Il livello d’istruzione degli addetti è più basso nei comuni di piccole dimensioni e tende progressivamente a innalzarsi in funzione dell’ampiezza.
Fra gli addetti si rilevano in media circa 20 anni di esperienza professionale specifica, inoltre circa un caso su cinque ha un’anzianità di servizio pari o superiore a 30 anni.
Malgrado ciò, a giudizio degli analisti, contrazione e mutamento degli organici possono aver inciso in senso critico sui carichi di lavoro e sull’efficienza di processo, sulla comunicazione e sui livelli di integrazione, sui meccanismi di trasmissione delle competenze e sulla propensione all’innovazione.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2024-04-09 08:49:412024-04-09 08:49:41Personale e problemi dei Comuni nell'attuazione del Pnrr
RELAZIONE DI FINE MANDATO (SCADENZA NATURALE MANDATO 26 MARZO 2024)
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 4 del D. Lgs. 149/2011, i comuni in scadenza di mandato sono tenuti a predisporre la relazione di fine mandato, finalizzata a descrivere le principali attività normative e amministrative svolte nel periodo di competenza. La relazione deve essere predisposta dal Responsabile del servizio finanziario o dal Segretario generale ed è successivamente sottoscritta dal Sindaco non oltre il sessantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato;
entro quindici giorni dalla sottoscrizione del Sindaco, la relazione deve essere certificata dall’organo di revisione dell’ente; entro tre giorni dalla certificazione, la relazione di fine mandato deve essere trasmessa alla sezione regionale della Corte dei conti ed entro sette giorni deve essere pubblicata sul sito istituzionale dell’ente.
Lo schema di riferimento per la predisposizione della Relazione di fine mandato è contenuto nel DM 26/04/2013.
In considerazione delle precise tempistiche previste dal legislatore, nonché delle rilevanti sanzioni previste in caso di mancato adempimento e rispetto dei tempi, è importante individuare il termine ultimo entro cui sottoscrivere la relazione; in tal senso, l’orientamento più sostenibile e condiviso è quello formulato dalla Deliberazione n. 15/2016 della Sezione Autonomie della Corte dei conti, per cui si ritiene opportuno far decorrere il mandato dalla data delle elezioni di “insediamento”, per una durata complessiva di 5 anni secondo quanto previsto dall’art. 51 del D. Lgs. 267/2000.
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2024-03-23 13:01:082024-03-23 13:13:33RELAZIONE DI FINE MANDATO
https://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpg00ENZOhttps://www.associazionerfc.org/wp-content/uploads/2017/03/LOGO_ARFC.jpgENZO2024-03-23 11:14:062024-03-24 07:43:15PILLOLE DI PARTITA DOPPIA per enti locali. PILLOLA N. 3
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Impegno economico?
Zero
A chi mandare il curriculum?
curriculum@associazionerfc.org
E se voglio chiamare per saperne di più?
Vincenzo Vecchio 3911640872
LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE NEL PERIODO DI PROVA
/in Ultime News /da ENZOCon sentenza n. 2833 del 30 gennaio 2024, la Sezione Lavoro della Cassazione ha ribadito che (Cass., n. 31091 del 2018), nell’ambito del lavoro pubblico contrattualizzato, l’obbligo datoriale dell’amministrazione di motivare il recesso, non esclude né attenua la discrezionalità dell’ente nella valutazione dell’esperimento, ed è finalizzato alla «verificabilità giudiziale della coerenza delle ragioni del recesso rispetto, da un lato, alla finalità della prova e, dall’altro, all’effettivo andamento della prova stessa», fermo restando che grava sul lavoratore l’onere di dimostrare il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite o la contraddizione tra recesso e funzione dell’esperimento medesimo (sono richiamate nella sentenza citata: Cass. n. 26679 del 2018, n. 23061 del 2017, n. 21586 del 2008, n. 19558 del 2006).
Deve perciò ritenersi illegittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro pubblico nel caso in cui al lavoratore vengano assegnate mansioni diverse, siano esse inferiori o superiori, da quelle contrattualmente previste.
MINICRUCI TRIBUTARIO
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Personale e problemi dei Comuni nell’attuazione del Pnrr
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25/03/2024 – ItaliaOggi
A mettere nero su bianco l’attuale scenario che caratterizza il funzionamento degli enti locali è l’Istat nel focus dedicato ai vincoli strutturali dei comuni chiamati, soprattutto negli anni successivi alla crisi pandemica da Covid-19, ad assumere sia la titolarità di specifiche progettualità per l’implementazione del Pnrr sia a partecipare a iniziative finanziate dall’amministrazione centrale attraverso interventi gestiti da altri livelli istituzionali, ma localizzati sul territorio.
Dal focus emerge la tendenza alla riduzione del numero di comuni, determinata soprattutto dalla fusione di realtà di piccole dimensioni, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica. Tale riduzione si manifesta in prevalenza nel Nord Italia, con i segni meno più marcati che si collocano in Trentino-Alto Adige (-3,8%), Veneto (-1,9%) e Piemonte (1,7%).
Sul piano dimensionale, i comuni hanno una struttura fortemente polverizzata. Prevalgono, infatti, realtà demograficamente molto ridotte, nel 70% piccole e piccolissime, con meno di 5 mila abitanti, di cui circa un caso su quattro (25,4%) ha meno di mille residenti. Mentre circa il 24% rientra nella fascia intermedia (5 mila-20 mila abitanti) e soltanto il 6% circa supera tale soglia.
Le amministrazioni comunali presentano forti vincoli di risorse a causa delle politiche di contenimento della spesa degli ultimi anni. Pur rappresentando la frazione più consistente del settore pubblico, i comuni occupano una quota largamente minoritaria di addetti. Si tratta, quindi, di organizzazioni, di norma, relativamente poco consistenti e molto differenziate. In tal senso, il 24,6% ha al massimo cinque addetti e circa due terzi meno di 20, oltre l’85% si colloca entro i 50 addetti e quasi il 95% entro i 100. I casi con oltre 500 addetti sono meno dell’1% e fra questi una quota residuale (15 comuni, pari allo 0,2%) supera i 1.500 dipendenti. Sul piano territoriale emerge una dotazione superiore nel Mezzogiorno con 73,2 addetti ogni 10 mila abitanti, contro i 63,5 nel Centro e 54,8 nel Nord Italia.
In base ai dati diffusi da Istat, dal 2011 al 2021 si stima una perdita di circa 80 mila unità di personale (-20%), più accentuata nel Mezzogiorno (24,3%) rispetto al Centro-Nord (17,8%). Infatti, si è passati da una media nazionale di 50 addetti a 42, da 69 addetti ogni 10 mila abitanti a 62, dall’89,2% del full-time a poco più dell’83%. La flessione è più lieve fra i dipendenti stabili (-6,1%) rispetto alla componente atipica, sia dei dipendenti a tempo determinato (-20,5%) sia dei non dipendenti (-15,4%).
Peraltro, le restrizioni sul turn-over e sull’accesso alla pensione hanno provocato un invecchiamento accentuato del personale dipendente. Nel 2021, infatti, solo l’1,9% ha meno di 30 anni (5,1% nelle altre istituzioni pubbliche) e più di un quinto (21,4%; era il 7,3% nel 2011) oltre 60 (15,8% nelle altre istituzioni).
Peraltro, i bilanci comunali consentono margini di manovra esigui per programmare nuove assunzioni. Il personale incide molto sulle spese correnti (22,7%) e rende rigida la spesa (22,8% del totale). Le criticità si accentuano a livello territoriale, aumentano infatti nei piccoli comuni rurali e soprattutto nel Mezzogiorno in cui, nel 2021, solo il 73% degli addetti è a tempo pieno (86,5% nel Nord; 91,2% nel Centro), si rileva un alto tasso di invecchiamento (31,1% ultrasessantenni) e bassi livelli di istruzione (il 24% ha titoli inferiori al diploma, contro il 17% in Italia).
La formazione risulta debole nelle piccole realtà meno urbanizzate e nel Mezzogiorno, area in cui soltanto il 50% dei comuni offre ridotte opportunità formative (nel 2021, 0,5 giornate per addetto). Invece, nel Nord Italia, nel 2021, otto Comuni su 10 hanno erogato 1,4 giornate formative per addetto.
Gli analisti evidenziano, peraltro, una bassa propensione all’innovazione organizzativa nei comuni italiani, in particolare riguardo alla digitalizzazione e alla limitata diffusione del bilancio sociale-ambientale. Proprio il tema della digitalizzazione della pubblica amministrazione è uno di quelli più attuali in termini di politiche di innovazione, ampiamente ripreso dal Pnrr con la Missione 1. In relazione alla fase pandemica, però, fra i Comuni si riscontrano particolari difficoltà nel processo di digitalizzazione rispetto al resto del settore pubblico. Ciò, soprattutto, a causa della carenza di risorse umane con competenze adeguate, dei costi elevati nel campo dell’information and communication technologies e della carenza di risorse finanziarie. In tale ambito, i comuni del Nord-est mostrano una maggiore apertura al digitale, mentre nel Mezzogiorno tendono a farsi più frequenti i vincoli nei confronti di tali innovazioni.
Malgrado le limitazioni relative al ricambio generazionale, gli esperti di Istat rilevano progressi nel livello d’istruzione grazie all’effetto combinato dell’innalzamento della quota di addetti con titoli di studio universitario e del calo della bassa istruzione. Tuttavia, l’istruzione terziaria, compresi i titoli post-laurea, resta più bassa nei comuni in cui, in particolare, aumentano molto le lauree brevi, seguite dalle magistrali e dai titoli postlaurea. L’avanzamento dei livelli di istruzione è più accentuato nella componente femminile, più consistente fra le nuove leve. Il livello d’istruzione degli addetti è più basso nei comuni di piccole dimensioni e tende progressivamente a innalzarsi in funzione dell’ampiezza.
Fra gli addetti si rilevano in media circa 20 anni di esperienza professionale specifica, inoltre circa un caso su cinque ha un’anzianità di servizio pari o superiore a 30 anni.
Malgrado ciò, a giudizio degli analisti, contrazione e mutamento degli organici possono aver inciso in senso critico sui carichi di lavoro e sull’efficienza di processo, sulla comunicazione e sui livelli di integrazione, sui meccanismi di trasmissione delle competenze e sulla propensione all’innovazione.
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Ai sensi di quanto previsto dall’art. 4 del D. Lgs. 149/2011, i comuni in scadenza di mandato sono tenuti a predisporre la relazione di fine mandato, finalizzata a descrivere le principali attività normative e amministrative svolte nel periodo di competenza. La relazione deve essere predisposta dal Responsabile del servizio finanziario o dal Segretario generale ed è successivamente sottoscritta dal Sindaco non oltre il sessantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato;
entro quindici giorni dalla sottoscrizione del Sindaco, la relazione deve essere certificata dall’organo di revisione dell’ente; entro tre giorni dalla certificazione, la relazione di fine mandato deve essere trasmessa alla sezione regionale della Corte dei conti ed entro sette giorni deve essere pubblicata sul sito istituzionale dell’ente.
Lo schema di riferimento per la predisposizione della Relazione di fine mandato è contenuto nel DM 26/04/2013.
In considerazione delle precise tempistiche previste dal legislatore, nonché delle rilevanti sanzioni previste in caso di mancato adempimento e rispetto dei tempi, è importante individuare il termine ultimo entro cui sottoscrivere la relazione; in tal senso, l’orientamento più sostenibile e condiviso è quello formulato dalla Deliberazione n. 15/2016 della Sezione Autonomie della Corte dei conti, per cui si ritiene opportuno far decorrere il mandato dalla data delle elezioni di “insediamento”, per una durata complessiva di 5 anni secondo quanto previsto dall’art. 51 del D. Lgs. 267/2000.
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