Controllo analogo congiunto sulla società in house se l’assemblea dei sindaci ha poteri di indirizzo vincolanti

Controllo analogo congiunto sulla società in house se l’assemblea dei sindaci ha poteri di indirizzo vincolanti

di Michele Nico

(www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com)

Nell’ambito di una società in house a compagine plurima, il controllo analogo congiunto dei Comuni soci sussiste ove sia esercitato mediante un’assemblea dei sindaci con diritto paritario di voto indipendentemente dall’entità della partecipazione, e sempre che questo organismo di coordinamento sia titolare di un forte potere di indirizzo sui servizi affidati, con effetti vincolanti per il consiglio di amministrazione della società medesima. Con la sentenza n. 182/2018 il Consiglio di Stato, sezione V, precisa e ribadisce un principio che, per quanto consolidato in giurisprudenza, stenta a farsi strada nell’organizzazione dei servizi pubblici locali, generando talora strascichi giudiziari sul territorio, specie dove l’affidamento in house viene disposto a fronte di una quota minima di partecipazione al capitale del soggetto gestore.

La vicenda  Ciò accade nella vicenda in esame, rispetto alla quale Palazzo Spada capovolge la decisione del Tar Lombardia che aveva escluso la legittimità dell’affidamento senza gara del servizio di igiene urbana a favore di una società in house, a causa della quota esigua di capitale sociale (inferiore all’1 per cento) detenuta dal Comune interessato, e stante la reputata assenza di poteri idonei a consentire a quest’ultimo l’esercizio di «un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica», secondo quanto prescrive l’articolo 12, paragrafo 3, secondo comma, lettera ii) della direttiva 2014/24/UE. Il contenzioso era sorto in relazione alla delibera consiliare con cui l’ente locale aveva approvato l’affidamento in house alla società pubblica per un periodo pluriennale, dopo la scadenza del contratto di servizio con una impresa del settore che aveva a suo tempo acquisito il servizio pubblico con gara. L’impresa, tuttavia, non si rassegna a cedere le armi sul territorio e impugna avanti al Tar Lombardia la delibera con cui il Comune cambia le modalità organizzative del servizio optando per il ricorso all’affidamento senza gara del servizio rifiuti a una società partecipata, di cui l’ente possiede una quota non significativa del capitale.

La decisione  Come si è detto, il Tar dà ragione alla ricorrente e non ravvisa la sussistenza del «controllo analogo» nelle circostanze descritte, mentre il Consiglio di Stato emette una pronuncia che sovverte l’esito del giudizio di primo grado. La Sezione V osserva, innanzitutto, che la società di cui si tratta è interamente in mano pubblica e realizza oltre l’80 per cento del fatturato a favore degli enti soci che partecipano al relativo capitale sociale, secondo le prescrizioni in tema di «in house providing» dettate dalla direttiva 2014/24/Ue, all’epoca dei fatti già efficace, per quanto non ancora recepita nel nostro ordinamento giuridico con l’articolo 5 del Dlgs 50/2016. L’aspetto più delicato della questione riguarda il controllo analogo congiunto che, secondo l’articolo 16, comma 2, lettera b) del Dlgs 175/2016, sussiste «se tutte le amministrazioni pubbliche partecipanti sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società controllata». A questo riguardo, la più autorevole giurisprudenza amministrativa ha da tempo messo in chiaro che questo requisito deve essere verificato «secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente» (Consiglio di Stato, Sezione V, sentenze n. 5082/2009 e n. 1365/2009). Nel caso di specie, la verifica è condotta dai giudici con esito positivo per il fatto che tra gli enti locali soci affidanti è stato costituito un organismo comune di matrice statutaria – sulla base di apposita convenzione stipulata ai sensi dell’articolo 30 del Tuel – denominato «Assemblea di coordinamento e controllo intercomunale», formato dai sindaci dei Comuni soci con diritto paritario di voto indipendentemente dall’entità della partecipazione societaria, che definisce gli indirizzi operativi sui servizi affidati, vincolanti per gli amministratori della società in house. Per questa via a ciascun Comune affidante sono attribuiti poteri di impulso nei confronti del Cda della società affidataria, consistenti in proposte di specifiche iniziative inerenti all’esecuzione dei singoli contratti di servizio, nonché poteri di veto sulle deliberazioni dell’organo direttivo riguardanti l’attuazione del contratto di servizio. Questo assetto societario si caratterizza, come ben si vede, per un rafforzamento dei poteri decisori dei soci che delimita e circoscrive l’autonomia del consiglio di amministrazione, con un risultato finale che differenzia sensibilmente la governance e l’organizzazione interna della società in house rispetto a quelle del modello ordinario contemplato dal codice civile.