LA MAGGIORAZIONI DEI PREZZI DEI CONTRATTI DI LAVORO

L’art. 26 del DL 50/2022, rubricato “disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici di lavori”, disciplina il cosiddetto incremento del 20% dei prezzi dei contratti d’appalto di lavori.
Il decreto, pubblicato il 17 maggio scorso, dovrà essere convertito in legge nell’arco di 60 giorni (per l’esattezza, entro il 19 luglio) e non è affatto escluso che il Parlamento introduca delle modifiche, anche sostanziali, alla disciplina in esame.
In attesa della definitiva conversione del decreto che, in ogni caso, è già vincolante sin dal 18 maggio, cerchiamo di comprendere come quantificare concretamente gli incrementi dei singoli contratti di appalto.
Solo per i lavori pubblici
In primo luogo, è bene chiarire che l’art. 26 si applica solo ai contratti di lavori e opere pubbliche, non riguarda gli appalti di servizi e forniture.
L’ambito di applicazione della norma è puntualmente definito dalla rubrica dello stesso art. 26 e dal testo della norma medesima, che fa riferimento, in più punti, soltanto agli “appalti pubblici di lavori” ed al “direttore dei lavori”.
Per far fronte all’eccezionale aumento del costo delle materie prime, dei materiali da costruzione e dei prodotti energetici, registrato negli ultimi mesi, la norma ha stabilito che i SAL, relativi alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, ovvero annotate sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, siano formulati applicando dei prezzari aggiornati, prezzari che
tengano conto dell’impennata subita dal costo dei materiali e dell’energia.
Tale deroga straordinaria delle modalità di compilazione dei SAL si applica agli appalti pubblici, compresi quelli affidati a contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021 (art. 26, comma 1).
Prezzari e aumento del 20%
Le Regioni, pertanto, entro il prossimo 31 luglio, dovranno aggiornare i prezzari in uso. In caso di inerzia, i prezzari saranno aggiornati, entro la metà del mese di agosto, dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentite le regioni interessate (art. 26, comma 2).
Il legislatore ha stabilito che, in attesa dell’adeguamento dei prezzari regionali, le stazioni appaltanti, per determinare il costo di prodotti, attrezzature e lavorazioni, aumentino del 20% i valori dei prezzari attualmente in uso, aggiornati al 31 dicembre 2021 (art. 26, comma 3).
Per gli affidamenti di lavori e opere avviati dopo la data di entrata in vigore del DL 50/2022 (18 maggio) e sino al 31 dicembre 2022, si applicano i prezzari aggiornati ovvero, in attesa dell’aggiornamento, quelli vigenti incrementati del 20%.
Qualora il direttore dei lavori abbia già adottato lo stato di avanzamento dei lavori (SAL) e il RUP abbia emesso il certificato di pagamento, per lavorazioni effettuate tra il 1° gennaio ed il 18 maggio 2022, dovrebbe essere emesso, “entro trenta giorni dalla medesima data”, un certificato di pagamento straordinario.
Attraverso il “certificato straordinario” si riconoscono all’appaltatore solo gli incrementi del DL 50/2022 per le lavorazioni effettuate e contabilizzate dal 1° gennaio 2022. Il certificato straordinario può essere emesso solo laddove la stazione appaltante possa finanziarlo con le risorse “proprie” che illustreremo nel seguito.
I prezzari aggiornati cesseranno di essere validi il 31 dicembre 2022 ma, transitoriamente, potranno essere utilizzati fino al 31 marzo 2023 per i progetti a base di gara la cui  approvazione sia intervenuta entro tale data.
Chi legge, ne siamo certi, non si sorprenderà se entro il prossimo 31 luglio nessuna, o quasi, delle Regioni italiane avrà adeguato i prezzari secondo l’art. 26 del DL 50/2022.
Conseguentemente, troverà applicazione esclusivamente la “norma transitoria” dell’incremento forfetario del 20% prevista dal comma 3 dell’art. 26.
Quando le Regioni, ovvero il Ministero, riusciranno a licenziare i nuovi prezzari, laddove risultasse una variazione, rispetto a quelli approvati al 31 dicembre 2021, inferiore o superiore alla percentuale del 20%, le stazioni appaltanti dovranno procedere al “conguaglio” degli importi già riconosciuti agli esecutori. Il conguaglio sarà effettuato all’atto del pagamento dei SAL afferenti alle lavorazioni contabilizzate, ovvero annotate,
successivamente all’adozione del prezzario aggiornato (art. 26, comma 3, ultimo paragrafo).
La norma, quindi, dà per assodato che i lavori saranno ancora in corso di esecuzione quando disporremo dei prezzari rinnovati.
Un esempio di calcolo
Il comma 1 dell’art. 26 stabilisce che i “maggiori importi” derivanti dall’applicazione dei prezzari, sia quelli rinnovati dalle Regioni, sia quelli in uso incrementati del 20%, saranno riconosciuti dalla stazione appaltante all’esecutore nella misura del 90%.
Volendo proporre un esempio numerico, supponiamo che per un certo materiale l’elenco prezzi del progetto abbia indicato il prezzo unitario di 10 euro al metro cubo e che, in sede di gara, l’aggiudicatario abbia offerto lo sconto dell’ 1%. Il prezzo effettivo risulta di 9,90 euro al metro cubo.
In attesa del prezzario regionale, l’amministrazione applica la maggiorazione del 20%, quindi: 10 euro al metro cubo + 20% = 12 euro al metro cubo.
Poi, riduce tale valore dello sconto ottenuto durante la gara: 12 euro – 1% = 11,88 euro.
Il “maggiore importo” è dato dalla differenza tra 11,88 ed il prezzo effettivo originario di 9,9 euro, quindi: 11,88 – 9,90 = 1,98 euro.
Come già precisato, il legislatore ha deciso che la stazione appaltante non riconosca per intero la maggiorazione, ma solo in misura del 90%.
Quindi, il valore finale è 90% di 1,98 = 1,782 euro.
Il prezzo al metro cubo, comprensivo della maggiorazione pagabile, risulta di 11,782 euro (10 + 1,782).
Le risorse proprie
I “maggiori importi”, abbattuti al 90%, sono da riconoscere agli esecutori entro limiti non esattamente chiari.
Le stazioni appaltanti, in primo luogo, devono finanziare i “maggiori importi” utilizzando le risorse, che per comodità chiameremo “risorse proprie”, tassativamente elencate dall’interminabile comma 1 dall’art. 26:
entro il limite del 50%, le risorse “accantonate per imprevisti” nel quadro economico di ogni intervento, ad eccezione delle somme per impegni contrattuali già assunti, e le eventuali “ulteriori somme a disposizione” della medesima stazione appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso intervento;
utilizzando le somme derivanti da “ribassi d’asta”, qualora non sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti;
utilizzando le somme “disponibili” relative ad altri interventi ultimati dalla medesima stazione appaltante e per i quali siano già stati eseguiti i collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, “nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile” alla data di entrata in vigore del DL 50/2022.
Se queste risorse non risultassero sufficienti a finanziare i “maggiori importi”, la stazione appaltante dovrebbe procedere ai sensi del comma 4 dell’art. 26.
I fondi statali
La norma, il comma 4, distingue i lavori e le opere che potremmo definire “ordinari” da quelli finanziati dal Piano nazionale per gli investimenti complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Per coprire i “maggiori importi” di questi ultimi, le stazioni appaltanti accedono allo speciale “fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche”, normato dall’art. 7 del DL 76/2020 (come convertito dalla legge 120/2020).
Mentre, per finanziare i “maggiori importi” da riconoscere negli appalti non finanziati dal PNRR, le amministrazioni potranno accedere al “fondo per l’adeguamento dei prezzi” istituito dell’art. 1-septies, comma 8, del DL 73/2021 (come convertito dalla legge 106/2021).
Le domande, per poter beneficiare delle risorse dei suddetti fondi, devono essere presentate:
entro il 31 agosto 2022, per i SAL concernenti lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, ovvero annotate, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2022 al 31 luglio 2022;
entro il 31 gennaio 2023, per i SAL di lavorazioni contabilizzate, ovvero annotate, dal 1° agosto 2022 e fino al 31 dicembre 2022.
Per accedere alle risorse, le stazioni appaltanti dovranno trasmettere, in via telematica, al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, secondo modalità da stabilire per gli interventi del PNRR e secondo quanto fissato dal DM 5/4/2022 per le opere ordinarie, la documentazione elencata dall’art. 26:
i dati del contratto d’appalto;
copia del SAL corredata da attestazione del direttore dei lavori, vistata dal RUP, dell’entità delle lavorazioni effettuate nel semestre di riferimento;
l’entità delle risorse finanziarie disponibili e utilizzate ai fini del pagamento del SAL in relazione al quale è formulata l’istanza di accesso al fondo;
l’entità del contributo richiesto e gli estremi per ottenere il versamento della somma riconosciuta dal Ministero.
Laddove l’ammontare delle richieste risulti superiore alla capienza del fondo, il Ministero ripartirà le risorse in misura proporzionale tra le stazioni appaltanti. In caso di accesso alle risorse del fondo, la stazione appaltante effettuerà il pagamento “entro trenta giorni dal trasferimento delle risorse” (art. 26, comma 4, ultimo paragrafo delle lett. a e b).
Il legislatore ha stabilito che, se la stazione appaltante non dispone delle risorse proprie, descritte al comma 1 dell’art. 26, per finanziare i “maggiori importi” può accedere ai fondi statali. In tale ipotesi, che è la più probabile, potrà pagare solo dopo aver ricevuto le risorse statali ed entro il limite delle stesse.
La stazione appaltante potrebbe trovarsi in tre distinte situazioni:
l’amministrazione dispone delle risorse descritte al comma 1 dell’art. 26, dette risorse sono già stanziate in diversi capitoli del bilancio: in tal caso, l’amministrazione effettuerà il pagamento entro 30 giorni dal SAL (art. 113-bis, d.lgs. 50/2016), al netto di eventuali compensazioni già riconosciute ai sensi della lett. a) dell’art. 106 del d.lgs. 50/2016;
l’amministrazione non dispone delle risorse proprie elencate al comma 1, quindi accede ai fondi statali: è necessario innanzitutto modificare il bilancio iscrivendo i necessari stanziamenti di entrata (dai fondi statali) e di spesa; il pagamento sarà effettuato solo al termine della procedura ministeriale di ripartizione delle risorse; la stazione appaltante pagherà agli esecutori solo le somme ricevute, entro trenta giorni;
l’amministrazione si colloca in posizione intermedia rispetto alle due ipotesi precedenti, perché dispone di risorse in misura non sufficiente a coprire i “maggiori importi” e deve accedere, per la quota mancante, ai fondi statali:
– distribuisce, in modo proporzionale, le risorse proprie tra gli esecutori aventi diritto e provvede al pagamento secondo l’art. 113-bis del Codice dei contratti pubblici;
– per la quota restante, accede ai fondi statali e attende l’esito del procedimento di ripartizione; se riceve una somma inferiore a quanto richiesto, la distribuisce proporzionalmente tra gli appaltatori aventi diritto.
Per tutte e tre le ipotesi previste, è necessario assumere una determinazione di impegno delle somme e che descriva le risorse utilizzate per coprire tali spese imputabili ai maggiori importi di cui all’art. 26 del DL 50/2022.
Modulistica
In allegato, proponiamo un nostro fac-simile della determinazione di impegno dei maggiori importi dovuti agli appaltatori in esecuzione dell’art. 26 del DL 50/2022 .
Determina – Impegno di spesa per aumento prezzi

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MONITORAGGIO PROGETTI PNRR

Parte il sistema di monitoraggio su tutti i progetti del Pnrr. Le verifiche saranno mensili, in un calendario fitto che si apre il 20 luglio, per gli obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno, e impegna tutte le pubbliche amministrazioni centrali titolari degli interventi ma anche i soggetti attuatori, una lista molto più ampia di enti che comprende anche Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni.
Istruzioni, modalità e calendario delle verifiche sono dettagliate in una maxi-circolare diffusa nel tardo pomeriggio di ieri dalla Ragioneria generale dello Stato.
Cardine telematico dei controlli sarà ReGis, il sistema informatico messo a punto dalla Ragioneria che si candida a diventare il “cervellone del Pnrr”, un registro informatico in tempo quasi reale sugli stati di avanzamento degli infiniti filoni del Piano.
Il ReGis si occuperà di tutto: le Pa dovranno indicare «situazione dei dati relativi al cronoprogramma procedurale delle misure (programmazione ed esecuzione); stato di esecuzione di milestone e target; informazioni anagrafiche e stato di avanzamento finanziario, procedurale e fisico dei progetti ammessi al finanziamento del Pnrr», anche quando le risorse Ue si limitano a sostituire i fondi nazionali.
Entro il 20 di ogni mese bisognerà caricare i dati relativi al mese precedente; anche se per il debutto la Ragioneria ha provveduto a «precompilare» tutto il possibile.

I FONDI PER GLI INCREMENTI DELLE INDENNITA’ DEGLI AMMINISTRATORI

La Legge di Bilancio 2022 ha previsto un incremento delle indennità dei Sindaci dei Comuni delle RSO parametrato, in base al numero degli abitanti, al trattamento economico complessivo dei Presidenti delle Regioni, pari a 13.800 euro lordi mensili.
L’incremento integrale decorre dal 1° gennaio 2024 e viene introdotto gradualmente a partire dal 1° gennaio 2022 nel seguente modo: 45%  dell’incremento a decorrere dal 2022, elevato al 68% a partire dal 2023. Gli enti hanno però la facoltà di anticipare la misura integrale degli incrementi già a partire dal 2022, nel rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio.
Gli incrementi si estendono, secondo le misure previste dal D.M. n. 119/2000, a Vicesindaco, Assessori e Presidente del Consiglio Comunale.
La norma prevede inoltre un fondo statale a titolo di concorso dei maggiori oneri sostenuti dai Comuni per gli aumenti in argomento, le cui spettanze dovranno essere utilizzate nell’esercizio finanziario di riferimento, pena la restituzione.
A tal fine il fondo di cui all’art. 57-quater, comma 2, del D.L. n. 124/2019 (che finanzia l’aumento dell’indennità dei Sindaci fino a 3 mila abitanti) è stato incrementato di 100 milioni di euro per l’anno 2022, di 150 milioni di euro per l’anno 2023 e di 220 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024.

Con il D.M. 30 maggio 2022 sono stati ripartiti (per le singole spettanze ai Comuni, vedasi l’allegato B), con riferimento all’esercizio 2022, i 100 milioni di euro a titolo di concorso per il maggior onere derivante dall’incremento dell’indennità di funzione degli amministratori dei comuni delle RSO.
Continuano ad essere attribuiti, separatamente rispetto al suddetto riparto e secondo le assegnazioni disposte dal D.M. del 23 luglio 2020, i contributi di cui all’art. 57-quater del D.L. n. 124/2019, che ha istituito il fondo di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2020, a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione dell’incremento dell’indennità dei sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti.
IV – capitolo 3560 “Entrate eventuali e diverse del Ministero dell’interno” – articolo 03 “Recuperi, restituzioni e rimborsi vari”,
l’importo del contributo assegnato non utilizzato nell’esercizio finanziario 2022.
Allo stato attuale non è dato sapere se i Comuni dovranno riversare spontaneamente le quote non utilizzate o, come appare più probabile, previa rendicontazione delle maggiori indennità effettivamente erogate.
A rigor di logica bisognerebbe attendere la fine dell’esercizio per poter quantificare con esattezza le maggiori indennità erogate, al fine di tenere conto delle diverse variabili che possono intervenire nell’anno, quali una modifica del numero di assessori ovvero la mutata situazione lavorativa degli amministratori: motivo per cui l’eventuale rendicontazione dovrebbe tenere conto, a nostro avviso, di tale tempistica.
In ogni caso si consiglia di attendere probabili sviluppi su quest’aspetto, di cui daremo contezza, e quantificare nel frattempo le spettanze che si prevede non verranno utilizzate e procedere con un accantonamento contabile, stanziando un apposito capitolo di spesa su ciascun anno del triennio del bilancio 2022/2024, possibilmente entro il prossimo assestamento generale di bilancio. Si tratta ovviamente di una previsione che occorrerà casomai aggiornare al fine di tenere conto dell’erogazione effettiva delle indennità agli amministratori.
Ma come si calcola la quota da restituire? Abbiamo poc’anzi illustrato come è stato effettuato il riparto, da cui si può dedurre, in
relazione agli incrementi di cui ci stiamo occupando, che non sono a carico del fondo statale, ma restano quindi a carico dell’ente:
– l’IRAP;
– i maggiori gettoni di presenza ai consiglieri comunali dovuti in considerazione dell’incrementato limite alla corresponsione degli stessi, fissato nella misura di un quarto dell’incrementata indennità massima prevista per il rispettivo sindaco dal comma 2
dell’art. 82 del TUEL.
Saranno invece oggetto di restituzione, in quanto riguardanti situazioni non considerate in sede di riparto, le somme non  erogate dagli enti relative:
alla quota di riduzione al 50% delle indennità gli amministratori lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa (ultimo periodo del comma 1 dell’art. 82 del TUEL);
all’indennità del Presidente del Consiglio Comunale nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, nei quali tale funzione non è stata prevista, in quanto non obbligatoria a mente del comma 1 dell’art. 39 del TUEL.

Restituzione somme non utilizzate
Se finora non possiamo evidenziare particolari problematiche nel quantificare le somme non utilizzate da restituire, quale differenza tra le nuove e le precedenti indennità tabellari degli amministratori comunali, tenuto conto della gradualità prevista dalla Legge di Bilancio 2022, non altrettanto possiamo dire per due casistiche certamente non infrequenti.
La prima riguarda quegli enti che nel 2021 avevano determinato un’indennità in misura inferiore al tabellare, in conseguenza di rinunce volontarie da parte degli amministratori interessati. In tale caso riteniamo che la somma effettivamente utilizzata (da cui si ricava quella non utilizzata da restituire), sia rappresentata dalla differenza tra la nuova e la precedente indennità tabellare e non tra la nuova e quella precedente effettivamente erogata, in quanto questo porrebbe a carico del fondo statale una quota che era precedentemente oggetto di rinuncia.
La seconda casistica riguarda le precedenti indennità eventualmente incrementate delle maggiorazioni ex art. 2 del D.M. n. 119/2000 (5% per i comuni caratterizzati da fluttuazioni stagionali della popolazione e 3% e 2% in base dati di bilancio): in tale circostanza riteniamo che la somma effettivamente utilizzata (e specularmente quella non utilizzata) debba essere calcolata quale differenza tra la nuova e la precedente indennità effettivamente erogata (con le maggiorazioni) e non quella tabellare.
Quindi in entrambi i casi, in attesa di chiarimenti ufficiali, consigliamo prudentemente di accantonare, ai fini della restituzione, una maggiore quota di risorse che, in caso di mancata restituzione entro l’esercizio di riferimento, confluirà nella quota accantonata del risultato di amministrazione.
Ovviamente gli enti che hanno optato per l’introduzione integrale dell’indennità, già a partire dal 2022, dovranno considerare nei conteggi, ai fini della restituzione, esclusivamente la quota tabellare di incremento del 45% e del 68% previste dal comma 584
della Legge di Bilancio 2022, rimanendo a proprio carico la quota eccedente.
Gli enti che invece adotteranno nel 2022 delle indennità inferiori alla predetta gradualità dovranno calcolare la quota utilizzata di contributo statale come differenza tra l’indennità effettiva del 2022 e quella tabellare ex D.M. n. 119/2000.

LE RISORSE UTILIZZABILI PER IL CARO ENERGIA

Le risorse utilizzabili per il caro energia
Trattiamo il tema controverso, ovvero a quali risorse si riferisce l’art. 37-ter del D.L. n. 21/2022 e, pertanto, a quali sono le risorse che, grazie a tale disposizione, possono finanziare gli oneri del caro energia.
Preliminarmente occorre evidenziare che la norma, in tal senso, fa riferimento a tutte le risorse dell’art. 13 del D.L. n. 4/2022, che menziona l’avanzo fondone e l’avanzo ristori specifici di spesa (comma 1) e che fa un rimando all’avanzo disponibile e ai proventi dei permessi di costruire (comma 6).
Sul tema si rileva che gli atti parlamentari (vedasi il Dossier n. 527/2) chiariscono che lo scopo della norma è quello di consentire l’utilizzo del fondone (sotto forma di avanzo vincolato da applicare al bilancio 2022) anche per il caro energia. In tal senso è quindi da ritenersi superato il precedente e provvisorio Dossier parlamentare n. 527/1 nel quale si affermava che lo scopo della norma è quello di consentire l’utilizzo dell’avanzo disponibile e dei proventi dei permessi di costruire, non solo per il finanziamento per le spese correnti connesse con l’emergenza sanitaria (come previsto per il triennio 2020/2022 dal vigente art.
109, comma 2, del D.L. n. 18/2020), ma anche per il caro energia 2022.
La stessa posizione è stata espressa dalla RGS che, in risposta ad uno specifico quesito, ha confermato che le risorse, che in virtù dell’art. 37-ter del D.L. n. 21/2022 possono finanziare il caro energia 2020, sono (esclusivamente) quelle del fondone (o meglio dell’avanzo fondone).
E’ certamente questa l’interpretazione che condividiamo e che si sentiamo di suggerire, nelle more di altri chiarimenti ufficiali e nella consueta logica improntata alla prudenza.
Si tratta in ogni caso di un’importante deroga, che permette di ridurre significativamente il rischio di dover restituire le risorse del fondone, non utilizzate entro il 2022, che molti enti, in un anno che possiamo definire come post-pandemia (o perlomeno ce lo auguriamo), fanno fatica ad utilizzare per le finalità originarie previste dalla norma.
Ovviamente, le spese relative al caro energia, come peraltro confermato nella richiamata risposta di RGS, dovranno essere rilevate all’interno della certificazione Covid-19/2022 che dovrà essere trasmessa entro il 31 maggio 2023.
In tal senso è quindi superata, almeno per quanto concerne il caro energia (e non per i rincari del gas), la precedente posizione di RGS che, in risposta ad uno specifico quesito (antecedente all’art. 37-ter che stiamo esaminando), aveva chiarito che le maggiori spese sostenute per i rincari delle utenze, in quanto non strettamente correlate all’emergenza,
non potevano essere finanziate a valere sulle risorse del fondone.
Sulle risorse utilizzabili ai sensi dell’art. 37-ter è intervenuta anche l’ANCI che, con la nota di lettura del D.L. n. 21/2022 dopo la conversione in legge, ammette la possibilità di finanziare il caro energia 2022, oltre che con l’avanzo fondone, anche con l’avanzo
disponibile, ma non con l’avanzo ristori specifici di spesa Covid-19 che, secondo l’Associazione dei Comuni (e anche a parere di chi scrive), mantengono le proprie finalità originarie.
Per quanto concerne, ancora, la possibilità di considerare il rincaro delle utenze attraverso la quota disponibile dell’avanzo di amministrazione, annoverando tale spesa tra quelle non ripetitive, si evidenzia che la Corte dei Conti della Lombardia, con la deliberazione n. 63/2022, ha affermato che l’avanzo di amministrazione può fronteggiare l’aumento delle spese di gas ed energia elettrica solo nella misura in cui risponda alle specifiche finalità contenute nel comma 2 dell’art. 187 del TUEL, nell’ordine di priorità ivi indicato. Da tale pronuncia si deduce che, non essendo stata eccepita dalla sezione lombarda la natura ripetitiva degli oneri in questione, è possibile utilizzare anche la quota disponibile dell’avanzo di amministrazione per l’aumento delle spese di energia elettrica e gas, fermo restando l’ordine di priorità di cui al comma 2 dell’art. 187 del TUEL.
Al riguardo ricordiamo che:
l’art. 40, comma 4, del D.L. n. 50/2022 prevede che, limitatamente all’anno 2022, gli enti locali possono approvare il bilancio di previsione (il cui termine è in procinto di essere ulteriormente rinviato al 30 giugno 2022) con l’applicazione della quota libera dell’avanzo, accertato con l’approvazione del rendiconto 2021;
l’utilizzo della quota di avanzo disponibile è comunque subordinato al rispetto del comma 3-bis dell’art. 187 del TUEL, che preclude tale possibilità nel caso in cui l’ente si trovi in anticipazione di tesoreria (art. 222 del TUEL) o in caso di utilizzo in termini di cassa di entrate vincolate per il finanziamento di spese correnti (art. 195 del TUEL).
Pertanto, stante quanto finora illustrato, ribadiamo che, allo stato attuale, oltre che con le risorse correnti non vincolate:
1) il caro energia può essere finanziato con l’avanzo fondone al 31/12/2021;
2) il caro utenze (energia e gas) può essere finanziato con l’avanzo di amministrazione disponibile nel rispetto della priorità di cui all’art. 187, comma 2, del TUEL.
Concludiamo precisando che la facoltà di cui al punto 1) non è preclusa agli enti che non hanno approvato il rendiconto 2021 o che sono in disavanzo, a differenza della facoltà di cui al punto 2), per cui i limiti previsti dall’art. 1, commi 897 e 898 della Legge n. 145/2018 risultano applicabili.