Personale e problemi dei Comuni nell’attuazione del Pnrr
25/03/2024 – ItaliaOggi
A mettere nero su bianco l’attuale scenario che caratterizza il funzionamento degli enti locali è l’Istat nel focus dedicato ai vincoli strutturali dei comuni chiamati, soprattutto negli anni successivi alla crisi pandemica da Covid-19, ad assumere sia la titolarità di specifiche progettualità per l’implementazione del Pnrr sia a partecipare a iniziative finanziate dall’amministrazione centrale attraverso interventi gestiti da altri livelli istituzionali, ma localizzati sul territorio.
Dal focus emerge la tendenza alla riduzione del numero di comuni, determinata soprattutto dalla fusione di realtà di piccole dimensioni, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica. Tale riduzione si manifesta in prevalenza nel Nord Italia, con i segni meno più marcati che si collocano in Trentino-Alto Adige (-3,8%), Veneto (-1,9%) e Piemonte (1,7%).
Sul piano dimensionale, i comuni hanno una struttura fortemente polverizzata. Prevalgono, infatti, realtà demograficamente molto ridotte, nel 70% piccole e piccolissime, con meno di 5 mila abitanti, di cui circa un caso su quattro (25,4%) ha meno di mille residenti. Mentre circa il 24% rientra nella fascia intermedia (5 mila-20 mila abitanti) e soltanto il 6% circa supera tale soglia.
Le amministrazioni comunali presentano forti vincoli di risorse a causa delle politiche di contenimento della spesa degli ultimi anni. Pur rappresentando la frazione più consistente del settore pubblico, i comuni occupano una quota largamente minoritaria di addetti. Si tratta, quindi, di organizzazioni, di norma, relativamente poco consistenti e molto differenziate. In tal senso, il 24,6% ha al massimo cinque addetti e circa due terzi meno di 20, oltre l’85% si colloca entro i 50 addetti e quasi il 95% entro i 100. I casi con oltre 500 addetti sono meno dell’1% e fra questi una quota residuale (15 comuni, pari allo 0,2%) supera i 1.500 dipendenti. Sul piano territoriale emerge una dotazione superiore nel Mezzogiorno con 73,2 addetti ogni 10 mila abitanti, contro i 63,5 nel Centro e 54,8 nel Nord Italia.
In base ai dati diffusi da Istat, dal 2011 al 2021 si stima una perdita di circa 80 mila unità di personale (-20%), più accentuata nel Mezzogiorno (24,3%) rispetto al Centro-Nord (17,8%). Infatti, si è passati da una media nazionale di 50 addetti a 42, da 69 addetti ogni 10 mila abitanti a 62, dall’89,2% del full-time a poco più dell’83%. La flessione è più lieve fra i dipendenti stabili (-6,1%) rispetto alla componente atipica, sia dei dipendenti a tempo determinato (-20,5%) sia dei non dipendenti (-15,4%).
Peraltro, le restrizioni sul turn-over e sull’accesso alla pensione hanno provocato un invecchiamento accentuato del personale dipendente. Nel 2021, infatti, solo l’1,9% ha meno di 30 anni (5,1% nelle altre istituzioni pubbliche) e più di un quinto (21,4%; era il 7,3% nel 2011) oltre 60 (15,8% nelle altre istituzioni).
Peraltro, i bilanci comunali consentono margini di manovra esigui per programmare nuove assunzioni. Il personale incide molto sulle spese correnti (22,7%) e rende rigida la spesa (22,8% del totale). Le criticità si accentuano a livello territoriale, aumentano infatti nei piccoli comuni rurali e soprattutto nel Mezzogiorno in cui, nel 2021, solo il 73% degli addetti è a tempo pieno (86,5% nel Nord; 91,2% nel Centro), si rileva un alto tasso di invecchiamento (31,1% ultrasessantenni) e bassi livelli di istruzione (il 24% ha titoli inferiori al diploma, contro il 17% in Italia).
La formazione risulta debole nelle piccole realtà meno urbanizzate e nel Mezzogiorno, area in cui soltanto il 50% dei comuni offre ridotte opportunità formative (nel 2021, 0,5 giornate per addetto). Invece, nel Nord Italia, nel 2021, otto Comuni su 10 hanno erogato 1,4 giornate formative per addetto.
Gli analisti evidenziano, peraltro, una bassa propensione all’innovazione organizzativa nei comuni italiani, in particolare riguardo alla digitalizzazione e alla limitata diffusione del bilancio sociale-ambientale. Proprio il tema della digitalizzazione della pubblica amministrazione è uno di quelli più attuali in termini di politiche di innovazione, ampiamente ripreso dal Pnrr con la Missione 1. In relazione alla fase pandemica, però, fra i Comuni si riscontrano particolari difficoltà nel processo di digitalizzazione rispetto al resto del settore pubblico. Ciò, soprattutto, a causa della carenza di risorse umane con competenze adeguate, dei costi elevati nel campo dell’information and communication technologies e della carenza di risorse finanziarie. In tale ambito, i comuni del Nord-est mostrano una maggiore apertura al digitale, mentre nel Mezzogiorno tendono a farsi più frequenti i vincoli nei confronti di tali innovazioni.
Malgrado le limitazioni relative al ricambio generazionale, gli esperti di Istat rilevano progressi nel livello d’istruzione grazie all’effetto combinato dell’innalzamento della quota di addetti con titoli di studio universitario e del calo della bassa istruzione. Tuttavia, l’istruzione terziaria, compresi i titoli post-laurea, resta più bassa nei comuni in cui, in particolare, aumentano molto le lauree brevi, seguite dalle magistrali e dai titoli postlaurea. L’avanzamento dei livelli di istruzione è più accentuato nella componente femminile, più consistente fra le nuove leve. Il livello d’istruzione degli addetti è più basso nei comuni di piccole dimensioni e tende progressivamente a innalzarsi in funzione dell’ampiezza.
Fra gli addetti si rilevano in media circa 20 anni di esperienza professionale specifica, inoltre circa un caso su cinque ha un’anzianità di servizio pari o superiore a 30 anni.
Malgrado ciò, a giudizio degli analisti, contrazione e mutamento degli organici possono aver inciso in senso critico sui carichi di lavoro e sull’efficienza di processo, sulla comunicazione e sui livelli di integrazione, sui meccanismi di trasmissione delle competenze e sulla propensione all’innovazione.