Sul turn over la semplificazione è ancora lontana
Sul turn over la semplificazione è ancora lontana
di Luca Tamassia
Ad una semplice domanda che qualsiasi operatore della gestione del personale, ad un certo punto dell’attività assolta, deve necessariamente porsi, ovvero se l’amministrazione ha facoltà di assunzione e in quale ambito limitativo l’ente possa muoversi, la risposta che il vigente sistema normativo offre passa attraverso un’impervia ricostruzione delle facoltà assunzionali che ciascuna amministrazione è tenuta a ripercorrere, transitando attraverso un non sempre agevole percorso di focalizzazione del quadro legislativo applicabile.
Un assetto in “movimento” Il groviglio dispositivo si è nel tempo generato in quanto, da un assetto di progressiva liberalizzazione delle assunzioni dettata dal Dl n. 90/2014, ancorché nei limiti del turn over originatosi l’anno precedente, si è passati ad una continua legislazione d’urgenza che, al fine del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, ha successivamente ridotto gli spazi assunzionali, venendo, quanto meno negli ultimi anni, a complicare notevolmente l’assetto delle possibilità di acquisizione di risorse umane da parte delle amministrazioni locali. Occorre premettere che, salvo diverse prescrizioni che possano intervenire nel tempo, dal prossimo 2019 opera, a regime, si potrebbe dire finalmente, l’impianto che il legislatore aveva, sin dal 2014, congegnato quale assetto definitivo di regolazione delle possibilità assuntive da parte degli enti locali già sottoposti al patto di stabilità interno, attraverso la previsione, puntualmente recata dall’articolo 3, comma 5, del Dl n. 90/2014, di ammettere assunzioni di personale a tempo indeterminato, anche di qualifica dirigenziale, nei limiti di utilizzo del 100% della spesa complessivamente corrispondente a quella derivante dalla cessazione di personale di ruolo occorsa nell’anno precedente, con facoltà di recuperare i residui di spesa ammessa relativi ad assunzioni non effettuate nel triennio precedente all’anno considerato ai fini delle cessazioni. Bene, questo meccanismo di conseguimento progressivo del risultato d’integrale sostituzione di spesa nei limiti dell’anno precedente – obiettivo gradualmente somministrato mediante quote percentuali di valore incrementale introdotte a decorrere dal 2014 e che sarebbe dovuto andare a regime nel 2018 – è stato sovvertito da molteplici interventi normativi che, nel corso dell’ultimo triennio, hanno prodotto una confusa serie di prescrizioni che ne hanno mutato completamente la fisionomia, riducendone significativamente la portata prima, per poi integrare il perimetro normativo di riferimento con successivi incrementi delle facoltà assunzionali graduandone l’ammissibilità in relazione alla presenza di fattori razionalizzanti.
Il quadro delle norme Il prodotto di tali interventi, quindi, può essere riassunto in un incalzante succedersi di disposizioni legislative che, spesso rinvenibili in provvedimenti d’urgenza, ha completamente trasfigurato il quadro dispositivo di riferimento, sostituendo, all’impianto di base costituito dal citato Dl n. 90/2014, un regime transitorio che s’impernia sull’articolo 1, comma 228, della legge n. 208/2015, il cui meccanismo, infatti, fatti salvi interventi successivi sempre in agguato, cede il passo al predetto impianto di base a far tempo dal 2019, atteso che a conclusione del corrente esercizio 2018 si estingueranno gli effetti transitori determinati da tale disposizione legislativa. Lo scenario prescrittivo che, nel tempo, si è prodotto, pertanto, attraverso una ricognizione estesa all’ultimo triennio, può così rappresentarsi, secondo una scansione temporale che rende significativa la progressione di norme che si sono succedute in materia: 1) articolo 1, comma 228, della legge n. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016): per gli anni 2016, 2017 e 2018 gli enti soggetti al patto di stabilità interno possono assumere personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nei limiti di spesa corrispondente al 25% di quella relativa alle cessazioni intervenute nell’anno precedente. Per il personale con qualifica dirigenziale, pertanto, in assenza di disposizioni derogatorie, restano operanti le limitazioni di cui al citato articolo 3, comma 5, del Dl 90, ovvero, per il biennio 2016 e 2017, l’80% della spesa relativa alle cessazioni di personale dirigenziale occorse nell’anno precedente e del 100% della spesa stessa a decorrere dal corrente esercizio 2018. Il comma 229 del medesimo articolo 1, poi, regola le facoltà assunzionali dei comuni istituiti a seguito di fusione intervenuta dal 2011 e delle unioni di comuni, che guadagnano la possibilità di sostituzione in regime di turn over pieno rispetto alla spesa delle cessazioni di personale di ruolo intervenuta nell’anno precedente (100% della spesa conseguente a tali cessazioni); 2) articolo 16 del Dl n. 113/2016: restano ferme le facoltà assunzionali per le amministrazioni locali non soggette al patto di stabilità interno nel corso del 2015 ai sensi dell’articolo 1, comma 562, della legge n. 296/2006, pertanto tali enti possono proseguire all’assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno, quindi con riferimento ad un regime di sostituzione integrale delle cessazioni intervenute nell’anno precedente non fondato sulla spesa originata dalle stesse, bensì determinato dalle unità cessate. La norma, poi, mediante l’integrazione del comma 1-bis introduce un incremento della facoltà assunzionale al 75% della spesa delle cessazioni intervenute nell’anno precedente a favore delle amministrazioni comunali con popolazione inferiore ai 10mila abitanti che presentino un rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, come definito triennalmente con il decreto del ministro dell’Interno di cui all’articolo 263, comma 2, del testo unico di cui al Dlgs n. 267/2000 (oggi Dm 10 aprile 2017 per il triennio 2017-2019); 3) articolo 1, comma 479, lett. d), della legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017): la prescrizione normativa introduce un regime di premialità assunzionale che può essere applicato solo a decorrere dall’anno 2018, a favore dei soli comuni che abbiano rispettato il saldo finanziario previsto dal comma 466 della legge stessa, lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all’1% degli accertamenti delle entrate finali dell’esercizio nel quale è rispettato il medesimo saldo. Per tali enti, infatti, nell’anno successivo la percentuale assunzionale del 25% stabilita dalla legge a regime è rideterminata nel 75%, sempreché, tuttavia, il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica di cui sopra. Questa ultima condizione, a ben vedere, sovrapponendosi a quella prevista ai sensi del sopra richiamato articolo 16, rende poco appetibile l’obiettivo di virtuosità finanziaria definito dalla norma; 4) articolo 22, commi 2 e 3, del Dl n. 50/2017: il comma 2 del provvedimento d’urgenza amplia le facoltà assunzionali premiali già previste dall’articolo 16 del Dl 113, estendendole indistintamente ai comuni superiori ai 10mila abitanti, e non più, invece, ai soli comuni inferiori ai 10mila abitanti, limitando, tuttavia, la portata della disposizione ai soli anni 2017 e 2018, mentre il comma 3 dell’articolo 22 estende la percentuale assunzionale vista al punto precedente al 90% della spesa relativa alle cessazioni dell’anno precedente, quale reazione dell’ordinamento, evidentemente, alla scarsa appetibilità del regime premiale dettato dalla norma in presenza delle condizioni di virtuosità che, già da sole, sono in grado di consentire l’elevazione della capacità assunzionale al 75% della spesa relativa alle cessazioni di personale avvenute nell’anno precedente. In sede di conversione, poi, la norma si arricchisce di un’ulteriore previsione che, in ragione della specifica formulazione, appare quale prescrizione a regime e non di carattere transitorio. Tale disposizione, infatti, statuisce che per i comuni con popolazione compresa tra mille e 3mila abitanti che rilevano, nell’anno precedente, una spesa per il personale inferiore al 24% della media delle entrate correnti registrate nei conti consuntivi dell’ultimo triennio, la percentuale relativa alle facoltà assunzionali è innalzata al 100% della spesa relativa alle cessazioni occorse nell’anno precedente; 5) articolo 1, comma 863, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018): la norma amplia la platea dei comuni che possono beneficiare della clausola premiale da ultimo indicata al punto precedente, sostituendo il limite di popolazione dei 3mila abitanti con quello, più esteso, di 5mila abitanti, estendendo, in tal modo, il numero delle amministrazioni destinatarie del beneficio premiale; 6) restano impregiudicate, nell’ambito di questo quadro disciplinatorio di riferimento, le norme speciali che regolano facoltà assunzionali esercitabili in relazione a specifiche categorie di lavoratori, con particolare riferimento alle disposizioni recate dall’articolo 7, comma 2-bis, del Dl n. 14/2017, il quale prescrive che, peril rafforzamento delle attività connesse al controllo del territorio e al fine di dare massima efficacia alle disposizioni in materia di sicurezza urbana contenute nel provvedimento stesso, negli anni 2017 e 2018 i comuni che, nell’anno precedente, abbiano rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio possono assumere, a tempo indeterminato, personale di polizia locale nel limite di spesa individuato applicando le percentuali stabilite dall’articolo 3, comma 5, del Dl n. 90/2014, ovvero, nel corso del 2018, pari al 100% della spesa relativa al personale della medesima tipologia cessato nell’anno precedente, fermo restando il rispetto del limite di spesa di personale. Tali cessazioni, ovviamente, operando per specifiche professionalità in senso ampliativo, non possono rilevare anche ai fini del calcolo delle facoltà assunzionali relative al restante personale.
Osservazioni conclusive Come si vede dalla ricostruzione temporale sopra rappresentata, dunque, siamo ancora lontani da una reale semplificazione delle norme che regolano le assunzioni nelle amministrazioni locali, situazione che genera non solo costi elevati, in termini di tempo dedicato alla ricognizione del quadro normativo e alla sua comprensione, bensì origina incertezze applicative e complessità gestionali nell’azione di computo e nella sua pratica traduzione. L’ennesima complicazione in danno degli operatori del personale, anche nell’ambito di un assetto normativo che, per rilevanza e celerità, non dovrebbe presentare incertezza alcuna.